NAPOLI – Se gli imprenditori Luigi e Paolo Griffo si erano rivolti a Giovanni Zannini, è perché erano convinti che avesse le entrature giuste per risolvere il loro problema. Quale? Una criticità di natura ‘tecnico-amministrativa’, sollevata dalla Regione, che metteva a rischio il finanziamento milionario ottenuto dalla loro azienda, la Spinosa Spa, per costruire, a Cancello Arnone, un mega impianto per la produzione di mozzarella. E il mondragonese, avvocato e consigliere regionale, secondo i carabinieri che lo hanno messo sotto inchiesta, diede effettivamente prova di averle, arrivando a scomodare, per raggiungere l’obiettivo, anche Fulvio Bonavitacola, il numero due del governatore della Campania Vincenzo De Luca.
Il contatto
A mettere in contatto i Griffo, di Castelvolturno, con Zannini, stando a quanto ricostruito dai militari dell’Arma, sarebbe stato tale Simone Pizzella (non indagato), 33enne, mondragonese proprio come il politico.
Pizzella chiamò il consigliere regionale il primo giugno del 2023, invitandolo per il giorno successivo a fare un sopralluogo sul cantiere della struttura che stava sorgendo nel Basso Volturno. Un’occasione, ritengono gli investigatori, per consentire ai castellani di parlare con Zannini. Quell’appuntamento, però, sfumò: l’avvocato non poteva, e così ne venne fissato un altro per il 7 giugno.
Le rassicurazioni di Ambrosca
Trattandosi di un’operazione che stava avvenendo a Cancello Arnone, Zannini, stando alle conversazioni intercettate dai militari dell’Arma di Aversa, chiamò il sindaco di quel paese, Raffaele Ambrosca (non indagato). Per quale ragione? Il mondragonese, prima di procedere, gli chiese informazioni proprio sui Griffo per sincerarsi se fossero politicamente a lui ostili. Ma il primo cittadino sul punto lo rassicurò: “No, no. Anzi…”.
Dopo il sopralluogo di Zannini al cantiere, i carabinieri registrarono una seconda sua conversazione sempre con Ambrosca. Ed è nel corso di quel confronto che il consigliere regionale svelerebbe i motivi della sua visita a Cancello Arnone: “Un inghippo un po’ antipatico che vedrò se riesco a sbloccare. […] Insomma, stanno alcuni posti che pare che sono nati per creare problemi inutili”.
Il ‘posto’ che, ipotizzano i carabinieri, avrebbe creato il problema agli imprenditori di Castelvolturno, coinciderebbe con l’ufficio speciale delle valutazioni ambientali della Regione.
Il vicegovernatore
Due giorni dopo essere stato investito del problema dai Griffo, Zannini, hanno ricostruito i militari, contattò Bonavitacola (non indagato), vicepresidente della Regione Campania e delegato all’Ambiente. Nel corso della conversazione, Zannini fece genericamente riferimento a una ‘questione’ di cui gli aveva parlato il giorno prima. “Quella di Invitalia, ti ricordi? Il fatto di cui ti ho parlato ieri della Brancaccio”. Si tratterebbe, dicono gli investigatori, di Simona Brancaccio (estranea all’inchiesta), responsabile dell’ufficio valutazioni ambientali presso la giunta. “[…] Ho capito – dice Bonavitacola -. E allora devo parlare con la Brancaccio e ti dico, devo parlare con la Brancaccio, oppure dico…”. “Ti volevo dare prima un poco di documentazione”, risponde Zannini. “Oppure le dico, oppure dico che puoi passare tu prima di andare dal presidente, non può passare da via De Gasperi scusa?”. “Come no – rassicura il mondragonese -. Se tu glielo dici e quella mi riceve che è un poco particolare”. “Allora le dico che alle undici e mezza passi tu da lei dai”. “Ok – conferma Zannini -, ma mi dai l’ok con un messaggino che ci vado”.
La Vinca
La criticità da risolvere riguardava l’assenza della Valutazione di incidenza ambientale (Vinca). I Griffo, con la loro società Spinosa, avevano realizzato lo stabilimento caseario e durante la fase dei lavori avevano avviato la procedura per richiedere un finanziamento a Invitalia. Quest’ultima, però, letto l’incartamento, aveva interpellato l’ufficio guidato dalla Brancaccio circa la necessità di assoggettare il progetto proprio a Valutazione ambientale. E la dirigente, nel carteggio con Invitalia, correttamente evidenziò che quell’atto effettivamente mancava e che quindi era necessario avviare la procedura.
L’incontro con la dirigente
Zannini, dopo l’intervento di Bonavitacola, arriverà a confrontarsi telefonicamente con la Brancaccio, la quale, tagliando corto, mise a nudo nel colloquio quelle che riteneva essere le responsabilità dei Griffo: “Hanno chiesto il finanziamento a Invitalia e hanno dimenticato di fare valutazioni ambientali che si dovevano fare preventivamente, questo è il problema”.
La Brancaccio dimostrerà la sua granitica decisione a rispettare la procedura in un successivo incontro, datato 12 giugno 2023, avuto nel suo ufficio con il politico. In quella sede chiarì che la Vinca era necessaria e non transigeva sul punto. Anzi, fece capire che potevano emergere gli estremi per bloccare il finanziamento, circostanza che avrebbe fatto adirare non poco Zannini.
Castello del Matese
La questione, accertata l’indisponibilità della Brancaccio a fare forzature sull’iter, verrà superata da Zannini, sostiene l’accusa, coinvolgendo Salvatore Montone (non indagato), sindaco di Castello del Matese. Il mondragonese, nell’estate dell’anno scorso, lo chiamò chiedendogli come bisognava fare per convenzionarsi con la commissione Ambiente che aveva attivato presso il suo Ente. E il primo cittadino chiarì che erano autorizzati a usufruire di quella struttura i comuni compresi nella comunità montana del Matese. Ma qualora Zannini glielo avesse chiesto, avrebbe potuto inserire altri Enti per esigenze specifiche. E così il consigliere regionale si fece inviare il format della richiesta di adesione.
Il mondragonese, hanno ricostruito i carabinieri, avrebbe poi ragguagliato Bonavitacola, incontrandolo, come avevano concordato telefonicamente, a Ercolano, sul suo confronto che aveva avuto con la Brancaccio
Il sequestro
La Vinca non sarà più chiesta dai Griffo alla Regione (farlo significava mettere a rischio il finanziamento), ma, come avrebbe ideato Zannini, ipotizza la Procura di S. Maria Capua Vetere, tramite Cancello Arnone l’avrebbero chiesta alla commissione Ambiente di Castello del Matese. E nell’emettere quell’agognato documento, i tecnici che lo hanno ‘lavorato’, sostiene l’accusa, avrebbero commesso dei falsi per consentire ai patron della Spinosa Spa di non perdere i fondi milionari.
Il mega impianto recentemente è stato sottoposto a sequestro preventivo dalla Procura, diretta da Pierpaolo Bruni, che ha disposto anche il blocco di soldi e beni riconducibili ai Griffo per l’equivalente del finanziamento da loro incassato, secondo l’accusa indebitamente, da Invitalia.
L’inchiesta
Questa vicenda è stata tracciata nell’attività investigativa che ha messo sotto inchiesta per concorso in truffa, in relazione all’ottenimento dei fondi di Invitalia, Zannini e i Griffo. Ai tre è contestato pure il reato di corruzione perché il politico avrebbe ricevuto come ricompensa dagli imprenditori, per il suo impegno profuso nel superamento della criticità, una gita in barca a Capri.
Bonavitacola, stando alle intercettazioni, coinvolto, dal mondragonese nel ‘caso Spinosa’, non risulta tra gli indagati. Del suo ipotizzato ruolo in questa vicenda continueremo a parlare nei prossimi giorni ma, ripetiamolo, è, per quanto ci risulta, estraneo all’inchiesta. L’indagine, condotta dai carabinieri di Aversa e coordinata dai pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano, è ancora in corso e non è da escludere che nel suo prosieguo possa emergere pure l’estraneità di Zannini e dei Griffo (da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) ai fatti contestati.
L’interrogatorio. Brancaccio intransigente e l’ira del consigliere regionale
Giovanni Zannini si recò personalmente da Simona Brancaccio, guida dell’ufficio speciale di valutazione ambientale della Regione, per perorare la causa dei Griffo. L’incontro avvenne il 12 giugno 2023 e, se gli inquirenti conoscono i dettagli di quanto discusso in quella sede, è grazie all’interrogatorio reso dalla stessa Brancaccio il mese successivo: “Zannini venne nel mio ufficio con due persone che non ebbe la cortesia di presentarmi. Mi chiese la ragione per cui Spinosa avrebbe dovuto richiedere al mio ufficio la Vinca. Gli risposi che, come già avevo evidenziato nella nota, la Vinca era necessaria in considerazione della distanza dell’impianto da realizzare rispetto al sito Natura 2000. Gli rappresentai inoltre la necessità di verificare se fosse necessario attivare la procedura per la Via. Inoltre, gli dissi che, se fosse stato un impianto già realizzato, si sarebbe dovuto attivare il procedimento ex articolo 29 del Decreto legislativo 152 del 2006.”
Ma in cosa consiste questa procedura? Prevede l’annullamento per violazione di legge dei provvedimenti autorizzativi adottati senza aver verificato la sua assoggettabilità alla Vinca. Nel caso specifico, sarebbe stato annullato il permesso rilasciato dal Comune di Cancello Arnone.
Dinanzi a questa eventualità, ha raccontato Brancaccio, “Zannini si arrabbiò molto e, con tono arrogante, disse che l’oggetto dell’incontro era la Vinca e non la Via e che non mi sarei dovuta preoccupare di verificare l’esistenza dell’impianto attraverso la consultazione di Google Earth.”
La dirigente sembrava intenzionata ad accertare l’esistenza della struttura, elemento che si allinea con la tesi della Procura. Tale verifica avrebbe messo nell’angolo i Griffo, facendo perdere loro la possibilità di ottenere i fondi. Da qui la presunta mossa di Zannini di far rivolgere gli imprenditori a Castello del Matese (perché l’impianto per cui avevano chiesto i fondi sostanzialmente era già realizzato).
“Zannini- concluse Brancaccio nel suo interrogatorio – ebbe un atteggiamento arrogante e urlò in maniera scostumata nei miei confronti.”
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