MONDRAGONE – Vent’anni di carcere a Nino Capaldo per l’omicidio di Massimo Lodeserto. E’ la sentenza emessa dalla giudice Rosanna Croce del Tribunale di Torino nei confronti dell’ex collaboratore di giustizia 58enne. Sentenza che accoglie la richiesta del pubblico ministero Marco Sanini. Il delitto è avvenuto il 30 agosto 2023 in via San Massimo, nel cuore di Torino, e il corpo della vittima è stato ritrovato solo il 4 dicembre, 96 giorni dopo, nella cantina di un palazzo di edilizia popolare. Lodeserto, 58 anni, è stato ucciso con brutale violenza: martellate alla testa e almeno due coltellate alla schiena hanno posto fine alla sua vita.
Il movente è stato identificato in una lite per questioni di denaro. La vittima era un ex imprenditore del settore delle pulizie, attività che aveva gestito con l’ex compagna prima della chiusura dell’impresa. Capaldo, al momento dell’omicidio, stava scontando una pena agli arresti domiciliari per un altro omicidio commesso nel 2014 a Mondragone, in provincia di Caserta. Affiliato in passato al clan Fragnoli-Gagliardi, aveva iniziato a collaborare con la giustizia ed era sotto protezione in un alloggio della Comunità di Sant’Egidio in via San Massimo. Durante il processo, la difesa ha sostenuto la tesi della legittima difesa, affermando che Lodeserto si sarebbe presentato armato nell’appartamento di Capaldo. Tuttavia, questa versione non è stata ritenuta credibile dal tribunale.
La lite tra Capaldo e Lodeserto sarebbe scaturita da un presunto tentativo di recuperare denaro da parte della vittima. In particolare, si ipotizza che Capaldo fosse intervenuto in difesa dell’ex compagna di Lodeserto. Quello che doveva essere un confronto si è trasformato in una tragedia. Le indagini, condotte dai Ris, hanno fornito prove fondamentali per ricostruire la dinamica del crimine. Gli elementi raccolti hanno permesso di stabilire la responsabilità di Capaldo, portando alla sua condanna. I familiari di Massimo Lodeserto – due fratelli e una sorella – si sono costituiti parti civili, rappresentati dagli avvocati Roberto Saraniti ed Enrica Di Paola. Il tribunale ha riconosciuto loro una provvisionale di 120mila euro, 40mila euro a testa. Anche l’associazione Penelope (Associazione Nazionale delle Famiglie e degli Amici delle Persone Scomparse), rappresentata dall’avvocato Benito Capellupo, si è costituita parte civile nel processo, ribadendo l’importanza di garantire giustizia per le vittime di simili atrocità. La pena di 20 anni inflitta a Nino Capaldo è stata emessa con rito abbreviato, che ha permesso una riduzione della pena prevista in cambio della rinuncia a un processo ordinario.