CANCELLO ARNONE – Era a bordo della sua auto quando due soggetti si sono avvicinati e hanno esploso, nella sua direzione, colpi d’arma da fuoco. Proiettili che hanno rischiato di ucciderlo. Parliamo di Dario Luigi Di Benedetto, imprenditore 40enne. Il 31 dicembre 2024, per il 47enne di Cancello Arnone, si stava trasformando da ultimo giorno dell’anno, a ultimo della sua vita.
A distanza di meno di 7 mesi, la Procura di Napoli ha messo nero su bianco quella che ritiene essere stata l’esatta dinamica del raid di piombo. L’agguato, stando alla tesi della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, avvenuto lungo la strada che collega Cancello Arnone a Cappella Reale, non è da attribuire al solo Roberto Chianese, 30enne, arrestato nell’immediatezza degli spari dalle forze dell’ordine. I pm Vincenzo Ranieri e Andrea Mancuso, che stanno coordinato l’indagine, contestano – a piede libero – il tentato omicidio anche al padre Alfonso Chianese, 66enne (in concorso con il figlio). L’obiettivo dei due indagati, sostiene l’accusa, era quello di uccidere. Ed infatti i tre colpi, esplosi a distanza ravvicinata, colpirono la vittima all’addome e al braccio destro. A scongiurare la morte fu l’intervento medico-sanitario tempestivo.
Secondo gli inquirenti si agì con premeditazione, pianificando l’azione criminale da eseguire in un lasso di tempo e in un luogo ritenuti favorevoli ai presunti aggressori.
Se sul caso indaga la Dda di Napoli è perché il tentato omicidio risulta aggravato dal metodo mafioso, sostengono gli inquirenti. Insomma, ci sarebbero logiche connesse alla criminalità organizzata, verosimilmente frequentazioni con soggetti orbitanti nel clan dei Casalesi (fazione Bidognetti), che hanno spinto gli investigatori a ritenere che il raid di piombo vada inserito in un contesto di malavita. Ai due indagati – da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile – viene contestata, inoltre, la detenzione illegale di una pistola calibro 7,65, con cui sarebbe stato realizzato l’agguato, e la ricettazione dell’arma. Al solo Roberto Chianese viene contestato pure il possesso di una lama di 35 centimetri detenuta nella sua abitazione.
Gli inquisiti sono difesi dall’avvocato Nicola Ucciero. A rappresentare la vittima è l’avvocato Ferdinando Letizia.
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