Ombre sull’omicidio Magrino, sequestrato il cellulare di un amico di Pagliaro: era sul posto al momento degli spari

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MONDRAGONE – La pistola non è stata ancora trovata, il movente – qua- si certamente legato a una questione di denaro – resta da chiarire, così come la dinamica dell’assassinio, che presenta ancora molte ombre. L’unica certezza è che la mattina del 28 aprile scorso, nell’area di servizio Eni, a sparare è stato Giancarlo Pagliaro, titolare del noto mobilificio Franchino, e a rimanere ucciso è stato Luigi Magrino. C’è ancora molto da indagare e, per provare a far chiarezza, l’altro ieri i carabinieri del Reparto territoriale di Mondragone hanno perquisito P.D.M., amico d’infanzia di Pagliaro e parente del titolare della stazione di servizio teatro del delitto.

L’uomo non è indagato, ma su disposizione del pm Stefania Pontillo della Procura di Santa Maria Capua Vetere gli è stato sequestrato il cellulare (per analizzarlo), che potrebbe contenere informazioni utili. P. D.M. venne già ascoltato dagli investigatori subito dopo l’omicidio: si trovava sul posto al momento degli spari e fu lui a trascinare Pagliaro fuori dall’auto dopo che questi aveva colpito Magrino. Il testimone ha raccontato ai militari delle preoccupazioni dei familiari di Pagliaro, convinti che Magrino stesse avanzando continue richieste di denaro. Ha anche riferito che, secondo Pagliaro, la vittima aveva tentato di investire uno dei suoi figli. Sempre secondo P.D.M,, i guai economici di Pagliaro sarebbero iniziati dopo un blitz della guardia di finanza nel mobilificio, concluso con una sanzione di circa 600mila euro. Per recuperare la somma, l’imprenditore si sarebbe rivolto a Magrino, che gli avrebbe promesso una soluzione. Ma l’operazione si sarebbe rivelata una truffa, causando altre perdite di denaro.

La mattina del delitto, P.D.M. incontrò Pagliaro al distributore, luogo di ritrovo per commercianti e imprenditori della zona. Qui, Pagliaro gli confidò che Magrino avrebbe potuto sbloccare una polizza utile a risolvere i suoi problemi. Poche ore dopo, tornando sul posto, vide l’auto di Magrino e Pagliaro (che si trovava all’interno dell’abitacolo dove era appena avvenuto l’omicidio). In sede di udienza di convalida, Pagliaro, rappresentato dai legali Antonio Miraglia e Alfonso Quarto — tra le poche informazioni fornite — dichiarò che l’arma, presa dal portaoggetti dell’auto di Magrino, era stata inizialmente impugnata da quest’ultimo per minacciarlo; lui gliel’avrebbe sottratta e avrebbe sparato. Una dinamica che resta tutta da verificare.

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