Estorsioni, l’assedio di Ferragosto. I clan battono cassa: oltre ai contanti si fanno pagare anche tramite servizi

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Luigi Ferrucci, Aldo Picca e Antonio Mezzero

CASAL DI PRINCIPE – Come Natale e Pasqua, anche il Ferragosto è una data che, oltre alla festa, porta con sé un fenomeno noto e temuto per imprenditori e commercianti: il ritorno delle richieste estorsive. È in questi periodi che le organizzazioni criminali rialzano la testa, approfittando del maggiore movimento e del giro d’affari stagionale. Non si tratta più soltanto di pizzo in contanti, ma di pretese che oggi assumono forme più subdole. A lanciare l’allarme è Luigi Ferrucci, presidente della Fai – Federazione Antiracket – e imprenditore castellano, da 35 anni attivo sul territorio.

“Il problema estivo è ricorrente – afferma –. Il pizzo, come lo conoscevamo, si è ridimensionato, ma restano investimenti illegali, attività meno visibili ma presenti. In estate, con lidi, locali affollati e più movimento, la pressione criminale cresce.” Ferrucci sottolinea anche l’evoluzione delle modalità: “Non chiedono solo soldi, ma impongono servizi, merci, guardiania. Pagare significa alimentare un circuito illegale e danneggiare l’economia sana. Chi lo fa non può fingere di non sapere che quei soldi finiscono nell’economia criminale.”

Parla per esperienza diretta: “Nel 2009 la mia testimonianza portò all’arresto di tre Casalesi che cercavano di ricostruire il clan. Non fu facile, ma andammo avanti.” Oggi il fenomeno non è scomparso. Lo conferma l’attività dello sportello antiracket aperto a Napoli: “Da inizio anni abbiamo seguito 16 operatori, con 9 denunce e richieste di accesso ai fondi antiusura.” Una recente indagine della Dda partenopea, condotta dai carabinieri di Aversa, ha rivelato che esponenti del clan Casalesi erano pronti a uccidere un imprenditore che aveva de- nunciato e stava convincendo altri colleghi a ribellarsi. Per Ferrucci questa recrudescenza è legata anche al post-Covid: “Molte attività hanno chiuso e
non sono ripartite. La mafia è tornata più forte e aggressiva per riaffermare il controllo sul territorio.”

La Fai, nata in Sicilia 35 anni fa, conta oggi 47 associazioni. In provincia di Caserta opera quella di Castelvolturno, guidata da Ferrucci, insieme ad altre nell’Agro aversano e nell’Alto Casertano. “Quando stai solo nel tuo negozio e arrivano loro, senti solitudine – conclude –. Noi non siamo ‘cacciatori’, ma imprenditori che rivendicano il diritto alla libera impresa. Mai nessuno dei nostri, che ha denunciato, è stato toccato e, se subiamo danni, abbiamo strumenti per risarcire. Non ci sono scuse: la presenza mafiosa è un freno reale allo sviluppo.”

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