Capo di Bomba aveva ragione: A Pippo Baudo abbiamo voluto bene tutti.

421

Pippo Baudo: Il Prestigiatore dell’Italia Televisiva

Nel film Arrapaho del 1984, diretto da Ciro Ippolito e ispirato all’album omonimo degli Squallor, una battuta surreale e fulminante ha segnato l’immaginario collettivo di una generazione. Alla domanda: «Dimmi, Capo di Bomba, a chi vuoi più bene, a papà o a mammà?», il giovane indiano risponde: «A Pippo Baudo!». Una risposta che, nella sua assurdità, racchiude un sentimento autentico: l’affetto profondo che milioni di italiani hanno nutrito — e continuano a nutrire — per Pippo Baudo.

In questo giorno di commiato, ci corre l’obbligo, come direbbero gli Stadio, di spiegare ai più giovani chi è stato Pippo Baudo. Non con una biografia, facilmente reperibile ovunque, ma con una riflessione sul suo impatto culturale e mediatico.

Il volto della televisione italiana

Per decenni, Baudo è stato il volto e la voce di una televisione definita “nazional-popolare”, spesso criticata per la sua semplicità e per l’appeal rivolto al grande pubblico. Eppure, in quella semplicità c’era una straordinaria capacità di interpretare il tempo, di parlare a tutti, di costruire riti collettivi che hanno scandito le giornate, le stagioni, le feste.

Baudo ha accompagnato l’Italia nel passaggio dalla televisione in bianco e nero a quella a colori, trasformando il televisore da semplice elettrodomestico a centro nevralgico della vita familiare. Ha modellato gusti, suggerito mode, lanciato canzoni, balli, personaggi. Ha reso la televisione un luogo di incontro, di identità, di appartenenza.

Un alchimista del piccolo schermo

Pippo Baudo è stato un alchimista, capace di mescolare il sacro con il profano, l’intrattenimento con la cultura, l’umano con il commerciale. Ha cercato — e spesso ci è riuscito — di elevare il mezzo televisivo, pur consapevole dei suoi limiti. La sua televisione non era solo spettacolo: era compagnia, era racconto, era specchio di un’Italia che cresceva, si trasformava, si smarriva.

Molti hanno cercato di imitarlo, ma nessuno è riuscito a replicarne l’essenza. Perché quella di Baudo era una televisione con un’anima, capace di indossare lustrini e abiti eleganti senza perdere la propria dignità.

L’eredità di un maestro

Oggi, mentre salutiamo Pippo Baudo, non possiamo che riconoscere il ruolo centrale che ha avuto nella costruzione dell’identità televisiva italiana. È stato il maestro di cerimonie di un’epoca, il prestigiatore che ha saputo incantare, divertire, emozionare.

E allora, come Capo di Bomba, anche noi diciamo: «A Pippo Baudo abbiamo voluto bene». E gliene vogliamo ancora.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome