L’ex boss pentito Luigi Giuliano torna nella sua casa a Forcella: un tempo era soprannominato il “re”

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Luigi Giuliano

NAPOLI – L’ex boss pentito torna in città. Luigi Giuliano, soprannominato il re di Forcella, ha terminato il programma di collaborazione ed è rientrato nella sua abitazione a Forcella. L’autorità giudiziaria ha disposto la libertà vigilata. E’ in carico ai poliziotti del commissariato Vicaria-Mercato. ‘Occhi di ghiaccio’ ha lasciato la località protetta in Molise per tornare nel cuore di Napoli. A casa sua. Non ha più conti aperti con la giustizia. Luigi Giuliano ‘Lovigino’ per anni è stato considerato il re di Forcella, poi è stato un collaboratore di giustizia. Ha avuto uno sconto di pena. Ora ha solo la misura della Libertà vigilata con alcune restrizioni: non può uscire da casa la sera. Tutti nel centro storico conoscono la storia del 75enne.

La svolta improvvisa il 17 settembre 2002, quando a sorpresa annunciò di volersi pentire collegato in videoconferenza durante un’udienza al Tribunale di Napoli. Tra le prime rivelazioni, gli espedienti usati nelle sezioni speciali delle carceri per eludere il divieto di comunicare tra detenuti e portare messaggi all’esterno: cordicelle per calare bigliettini nelle celle, messaggi nascosti nei termosifoni (per esempio nel settore docce del carcere di Parma), segnali per comunicare con persone che si affacciavano dalle finestre di edifici di fronte al carcere. Non
solo. Ha raccontato segreti, storie vecchie di camorra e nuovi dettagli da cui hanno preso vita diversi filoni di indagine. Il 21 marzo 2005 suo fratello Nunzio Giuliano venne ucciso in un agguato mentre era in moto con la compagna; mandanti ed esecutori non sono mai stati individuati.

Il 7 dicembre 2006 in un circolo ricreativo di Baiano due killer fecero irruzione uccidendo Giovanni Giuliano, uno dei figli di Luigi, mentre giocava alle slot machine; il ragazzo aveva rifiutato la protezione garantita ai familiari dei pentiti e, dopo un periodo trascorso altrove, era tornato a Forcella. Tuttavia l’allora Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso lasciò intendere che il movente non fosse da ricondurre al pentimento di Luigi.

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