CASAL DI PRINCIPE – Non solo terreni agricoli. Pensare che il terrore sparso da Francesco Schiavo- ne Sandokan e dalla sua cosca abbia prodotto soltanto ettari ed ettari di campi da coltivare, sarebbe riduttivo. Il denaro sporco di sangue accumulato dal capoclan dei Casalesi ha percorso anche altri canali. Tracciarli è complesso, tutt’altro che scontato. Ma riuscirci è oggi la battaglia essenziale per infliggere un ulteriore colpo alla mafia dell’Agro aversano. Una battaglia che i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, coordinati dalla Dda di Napoli, hanno scelto di ingaggiare. E nel portarla avanti hanno scoperto che parte dei capitali mafiosi di Sandokan sarebbero stati usati anche per comprare un appezzamento non alla periferia di Casale, ma nel centro cittadino. A rivelarlo è stato Nicola Schiavone, primogenito di Sandokan ed erede al trono criminale, che sette anni fa ha deciso di collaborare con la giustizia. Ai pm ha indicato i beni riconducibili alla sua famiglia ma intestati a prestanome, citando anche un’area edificabile di cinquemila metri quadrati, a pochi passi dalla ragioneria (l’istituto tecnico commerciale di via La Pira), “al centro del paese”, come lui stesso ha sottolineato.
Una traccia che i carabinieri stanno seguendo e approfondendo, come già avvenuto per i terreni a Selvalonga, a Grazzanise, accanto all’aeroporto militare (dove dovrebbe sorgere lo scalo commerciale). Aree finite al centro di due inchieste che, negli ultimi due mesi, hanno portato a quattro arresti. La prima riguarda 13 ettari intestati a Pasquale Corvino, la seconda i 9 ettari riconducibili ad Amedeo De Angelis. Entrambi i terreni, secondo l’accusa, erano stati comprati dal boss negli anni Novanta e sono stati venduti di recente per monetizzare
quegli investimenti mafiosi. La Procura di Napoli, guidata dal Nicola Gratteri, sostiene che le operazioni siano avvenute su input di Ivanhoe
Schiavone, e, nel secondo caso, di Antonio Schiavone: oggi, figlio e fratello del capoclan, sono entrambi in carcere con l’accusa di riciclaggio (Ivanhoe anche di estorsione). Le stesse indagini hanno fatto scattare i domiciliari per Pasquale Corvino (inizialmente portato in carcere, poi è stato i Riesame ad alleggerire il provvedimento), De Angelis e il sanciprianese Francesco Paolella, acquirente dei 9 ettari riconducibili a Francesco Schiavone: anche loro tre sono accusati di riciclaggio e da considerare innocenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna.