JAZZ 365 RITRATTI – Elvin Jones: quando il jazz è una questione di famiglia!

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Le origini

Elvin Ray Jones nacque il 9 settembre 1927 a Pontiac, Michigan, in una famiglia profondamente immersa nella musica. I suoi fratelli maggiori, Hank Jones (pianista) e Thad Jones (trombettista e arrangiatore), avrebbero anch’essi lasciato un segno indelebile nella storia del jazz. Cresciuto in questo ambiente creativo, Elvin si avvicinò presto alla batteria, sviluppando un approccio personale che avrebbe rivoluzionato il ruolo dello strumento nell’ensemble jazzistico.

L’affermazione nel jazz moderno

Dopo esperienze con diverse big band e orchestre locali, negli anni ’50 Jones si trasferì a New York, dove collaborò con figure come Charles Mingus, Sonny Rollins e Bud Powell. Il vero punto di svolta arrivò nel 1960, quando entrò a far parte del quartetto di John Coltrane. La formazione, completata da McCoy Tyner al piano e Jimmy Garrison al contrabbasso, divenne una delle più iconiche della storia del jazz.

Con Coltrane, Jones partecipò a registrazioni leggendarie come My Favorite Things (1961) e soprattutto A Love Supreme (1965). In questo contesto, la sua batteria non era più un semplice sostegno ritmico, ma un elemento dialogante e propulsivo: le sue poliritmie, l’uso creativo del ride e del rullante, la capacità di creare un flusso sonoro continuo e incalzante contribuirono a ridefinire il concetto stesso di swing.

Stile e innovazioni

Elvin Jones introdusse un linguaggio batteristico che univa potenza e lirismo. Il suo suono, caratterizzato da accenti imprevedibili e da una gestione elastica del tempo, influenzò generazioni di batteristi. Non era un accompagnatore statico, ma un musicista che interagiva costantemente con i solisti, creando una trama sonora complessa, in continuo movimento.

Molti lo descrissero come un batterista “vulcanico”: capace di esplosioni sonore ma anche di sfumature sottili, sempre al servizio dell’espressività collettiva. La sua abilità di fondere struttura e improvvisazione lo rese un punto di riferimento imprescindibile per il jazz moderno e contemporaneo.

Dopo Coltrane

Dopo lo scioglimento del quartetto nel 1966, Jones proseguì con una carriera solista di grande prestigio. Guidò diversi ensemble, tra cui gli Elvin Jones Jazz Machine, con i quali portò avanti una ricerca costante tra tradizione e innovazione. Collaborò con artisti come Joe Farrell, Chick Corea, Dave Liebman e molti altri, mantenendo sempre la sua cifra stilistica unica.

L’eredità e le influenze

Elvin Jones morì il 18 maggio 2004 a Englewood, New Jersey. La sua influenza, tuttavia, continua a vibrare nelle generazioni successive di musicisti. Batteristi come Tony Williams, Jack DeJohnette, Peter Erskine, Bill Stewart e persino artisti oltre il jazz, come Ginger Baker del rock, hanno riconosciuto in lui un maestro e un’ispirazione. In Europa, e in Italia in particolare, Jones fu accolto con entusiasmo in festival e tournée, venendo spesso celebrato come il batterista che aveva portato la spiritualità e la forza espressiva del jazz a nuove vette.

Il critico Nat Hentoff lo definì “un vulcano sonoro in continua eruzione”, mentre Dave Liebman parlò di lui come di “un musicista che trasformava il tempo in energia pura”. Molti colleghi lo ricordano come una forza della natura capace di sostenere e trascinare interi ensemble, e la sua eredità rimane viva nel cuore di chi vede nel jazz una continua ricerca di libertà.

FOTO – Elvin Jones 1979 – Thomas Huther – Opera propria, Fonte wikipedia. licenza Creative Commons

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