Schiavone, il business delle bufale e delle coltivazioni. Nel mirino degli inquirenti allevamenti e produzioni agricole

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Antonio Schiavone e Francesco Sandokan Schiavone

CASAL DI PRINCIPE – Le indagini su Antonio Schiavone, fratello di Francesco “Sandokan” Schiavone, storico capo dei Casalesi, si stanno concentrando su un altro settore economico su cui la Dda di Napoli intende fare luce: quello degli allevamenti di bufale e delle coltivazioni di ortaggi a Castel Volturno, con particolare attenzione alle rape. La circostanza è emersa nell’inchiesta che, la scorsa settimana, ha portato all’arresto di Antonio Schiavone. Nel corso delle investigazioni, Francesco Paolella è stato ascoltato dagli inquirenti e ha dichiarato di intrattenere rapporti di natura esclusivamente commerciale con Antonio Schiavone, “agricoltore e allevatore di bufale operante nella
zona di Castelvolturno in particolare”, come ha fatto mettere per iscritto. Se i rapporti tra Paolella e Schiavone risultano in parte chiariti grazie all’inchiesta, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli sta valutando la possibilità di approfondire ulteriormente le attività economiche avviate da Antonio Schiavone nel corso degli anni, anche sul Litorale. Che la famiglia Schiavone avesse tradizionalmente allevamenti di bufale era noto: l’attività, in alcune circostanze, risale infatti ai nonni e ai genitori del clan.

Tuttavia, l’attuale gestione dell’allevamento potrebbe essere oggetto di ulteriori accertamenti da parte degli investigatori. Analogo interesse riguarda alcune coltivazioni agricole, tra cui cocomeri e ortaggi, in particolare le rape. La nuova fase dell’indagine punta dunque a verificare le attività agricole e zootecniche della famiglia Schiavone costituiscano solo una normale impresa commerciale o se possano essere utilizzate
come strumento per la gestione di interessi economici legati al clan. La destabilizzazione all’interno della cosca è stata acuita dall’arresto prima e dalla morte poi di Mario Schiavone, cognato di Francesco Schiavone Sandokan, figura chiave nella gestione degli affari economici della cosca. Mario Schiavone, infatti, non era soltanto un parente del boss, ma un vero e proprio braccio operativo nella gestione dei terreni agricoli e nelle trattative con cittadini e affittuari. La sua attività comprendeva sia la coltivazione diretta sia l’affitto dei terreni a terzi, garantendo così al clan un flusso costante di denaro e controllo sul territorio.

La sua morte, avvenuta in circostanze legate al contesto criminale locale, ha lasciato un vuoto operativo che il clan ha faticato a
colmare. Il primo vero intoppo per la gestione dei terreni si registrò nel 2004, anno della morte di Armando De Angelis, precedente gestore
delle proprietà. Dopo il decesso, i terreni passarono in eredità prima alla moglie e successivamente al figlio Amedeo, ma la conduzione pratica e la supervisione delle attività agricole rimase affidata ad Antonio Schiavone. Quest’ultimo, con l’ausilio di altri membri della famiglia, tra cui soprattutto Mario Schiavone fino alla sua morte, si occupava di organizzare la coltivazione, coordinare i lavoratori e negoziare contratti di affitto.

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