Il cognato di Gaetano Diana collabora con la giustizia

Dalla rete di pusher legata ai Casalesi al gruppo ricostituito da Schiavone jr: i temi su cui potrà riferire Raimondo

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Gaetano Diana

CASAL DI PRINCIPE – Ha deciso di provare a troncare i suoi rapporti con la criminalità e collaborare con la giustizia. Vitaliano Raimondo, 37 anni, di Grazzanise, cognato di Gaetano Diana – figlio di Elio, storico esponente del clan dei Casalesi – ha scelto di raccontare tutto ciò che sa ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Arrestato mesi fa per droga, ha deciso di collaborare dopo una lunga riflessione seguita al blitz che lo aveva portato in manette.

Raimondo, tenuto conto della sua storia e delle sue relazioni, potrebbe fornire elementi utili sulle piazze di spaccio del Basso Volturno e dell’Agro aversano, su cui operano anche gruppi riconducibili alla fazione Schiavone del clan dei Casalesi. Ma pure su presunti traffici e rapporti che coinvolgerebbero il cognato Gaetano Diana, oggi imputato – a piede libero – in Appello per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti con l’aggravante mafiosa. Diana era stato assolto in primo grado, ma la Procura ha impugnato la sentenza.
Il nome di Gaetano Diana, inoltre, è emerso recentemente nell’inchiesta che ha portato all’arresto di Emanuele Libero Schiavone, figlio di Francesco Sandokan, accusato di aver tentato di rinforzare la cosca non appena tornato a Casal di Principe dopo aver trascorso oltre undici anni in carcere. Diana fu tra coloro che Schiavone jr avrebbe convocato nella sua casa di via Bologna per provare a ridare impulso criminale – soprattutto nel traffico di droga – alla fazione fedele al padre ergastolano.

Il nome di Diana era comparso anche nella recente indagine sul boss Antonio Mezzero, storico esponente dei Casalesi tornato operativo nel 2022 dopo ventiquattro anni di detenzione. Proprio in quest’ultima attività investigativa, Diana sarebbe stato contattato per fare da tramite tra Mezzero (rispedito in cella) e il padre Elio.

Preso atto della stretta vicinanza tra Raimondo e Diana, il primo potrebbe ora fornire riscontri ai filoni investigativi che puntano a far luce sull’area Schiavone e su ciò che resta della compagine riconducibile a Mezzero.

Concentrandoci su Raimondo, era finito nei guai lo scorso anno. I carabinieri lo avevano arrestato a Grazzanise dopo averlo atteso sotto casa. Durante la perquisizione trovarono droga, proiettili e un giubbotto antiproiettile. Nel dettaglio: 7,5 grammi di cocaina, quasi 12 di hashish, altri cinque panetti per oltre mezzo chilo, 0,5 grammi di marijuana, 220 euro in contanti, bilancini di precisione, materiale per il confezionamento e un biglietto con nomi e somme, probabile registro dell’attività di spaccio.

Ma non solo stupefacenti: in casa c’erano anche 26 cartucce calibro 9×21, 11 a salve, un giubbotto antiproiettile con matricola abrasa e alcuni carnet di assegni. Già allora gli investigatori ipotizzavano che il 37enne potesse non agire da solo. La presenza delle munizioni e della protezione balistica faceva pensare a collegamenti con una struttura criminale più ampia. Ora, con la decisione di collaborare, Raimondo potrebbe confermare o smentire quei sospetti, fornendo ai magistrati un quadro dettagliato delle attività di spaccio e dei nuovi equilibri tra i gruppi che si contendono il controllo del territorio.

Una scelta, la sua, che – se riuscirà a mantenerla, a tenerla salda e a collaborare sinceramente con lo Stato – potrebbe chiudere una parte oscura della sua vita. La sua storia, del resto, si è intrecciata troppo presto con la violenza mafiosa: il padre, Pasquale, fu assassinato nel 1995 da un commando del clan dei Casalesi.

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