MUGNANO – La camorra torna a parlare con il piombo. Erano le 15:40 di un pomeriggio che sembrava come tanti a Mugnano. In via Luca Giordano (zona Zì Peppe), all’altezza del civico 32, il tempo si è fermato in un istante di violenza brutale. Almeno due colpi di pistola hanno lacerato il chiacchiericcio della quotidianità, trasformando una strada centrale in una scena di cronaca nera, l’ennesimo capitolo di una storia criminale che non accenna a finire. L’obiettivo dell’agguato era Giuseppe Cipressa, un nome che nell’area nord di Napoli risuona con il soprannome di Peppaccio, 64 anni, figura storica nel panorama della camorra, da tempo considerato un punto di riferimento per il temuto
clan degli Amato-Pagano, noti come gli ‘scissionisti’ di Secondigliano. Non un bersaglio casuale, ma un pezzo chiave in un ingranaggio di potere e denaro.
Secondo le prime frammentarie ricostruzioni, ancora al vaglio degli inquirenti, ignoti a bordo di un mezzo – forse un’auto o uno scooter – si sono affiancati alla Fiat Idea di Cipressa e hanno aperto il fuoco. Almeno tre i proiettili esplosi, che lo hanno colpito alla clavicola, all’orecchio e al torace. Peppaccio è stato soccorso e trasportato d’urgenza al vicino ospedale San Giuliano di Giugliano, dove la sua vita resta sospesa in un filo sottile. L’eco degli spari si è diradata, ma il silenzio che è calato dopo è gravido di domande e di una paura antica, quella che si anni- da sotto la cenere di ogni tregua apparente. Sul luogo sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Marano e i militari della stazione di Mugnano. Un agguato in pieno giorno e non lontano da luoghi frequentati da giovani. Un agguato in pieno giorno in una zona residenziale, caratterizzata dalla presenza anche di edifici lussuosi. L’area è stata transennata per i rilievi, mentre si cercavano, tra lo sbigottimento dei residenti, eventuali testimoni in grado di squarciare il velo di omertà che spesso avvolge questi fatti.
Via Luca Giordano non è abituata a fatti di sangue. E’ un isolato tranquillo, pieno di gente per bene. Ad ogni modo l’ipotesi investigativa, al momento, è chiara: si tratta di un agguato di matrice camorristica. Ma l’ombra del sospetto si allunga sui movimenti interni agli Amato-Pagano. Cipressa, scarcerato nel marzo 2014, secondo informative delle forze dell’ordine ha per anni ricoperto un ruolo delicatissimo: quello di ‘contabile’ del clan. Una figura di equilibrio e collegamento, incaricato di garantire gli interessi economici della consorteria: dalla gestione delle redditizie piazze di spaccio (a Melito, Mugnano, Arzano) al racket delle estorsioni. Operava prima al fianco di Pietro Caiazza e poi alle dirette dipendenze di Ciro Mauriello, rappresentando la mente fredda e calcolatrice di un impero illecito.
La camorra possiede una sola, implacabile parola d’ordine: rigenerazione. E’ la sua capacità di riorganizzarsi, di ricostruire le catene di comando anche dopo i colpi inferti da arresti ed inchieste. Gli Amato-Pagano, protagonisti in passato della sanguinosa scissione dall’impero del boss Paolo Di Lauro, hanno dimostrato questa resilienza. Dopo la cattura di Rosaria Pagano, leadership è stata prontamente riassegnata, passando per figure come Marco Liguori e Ferdinando Murolo, detto Sasamen. E in questa catena di comando, Giuseppe Cipressa era un anello cruciale, gestore dei rapporti economici. Un testimone di giustizia, tempo fa, aveva raccontato agli inquirenti di riunioni riservate a Mugnano, dove Cipressa, Liguori e Murolo si isolavano per prendere decisioni cruciali.



















