Si chiude un altro, fondamentale, capitolo giudiziario per la vicenda che nell’estate del 2023 svelò all’Italia l’abisso di degrado e violenza del Parco Verde di Caivano. La Corte d’Appello di Napoli, con una sentenza che porta un sospiro di cauto sollievo alle famiglie, ha confermato e, in parte, rimodulato le pene detentive per i due maggiorenni accusati di aver fatto parte del “branco” che abusò sessualmente di due cuginette, all’epoca dei fatti di appena 10 e 12 anni.
Il verdetto ha marcato in maniera netta il diverso peso delle responsabilità tra i due imputati. Per Pasquale Mosca, 21 anni, difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli e ritenuto dalla Corte uno degli autori materiali delle agghiaccianti violenze, la condanna inflitta in primo grado è stata confermata integralmente: 13 anni e 4 mesi di reclusione. Pena severa che riflette la gravità delle azioni contestate.
Diverso, ma pur sempre pesante, il destino giudiziario di Giuseppe Varriale, 20 anni, difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese. Per Varriale, riconosciuto come figura con un ruolo più defilato e indiretto nella dinamica degli abusi, la Corte d’Appello ha accolto parzialmente il ricorso, riducendo la pena. Dai 12 anni e 5 mesi stabiliti in primo grado dal Tribunale di Napoli Nord, si è passati a 8 anni e 8 mesi.
I reati contestati ai due giovani, a vario titolo, includevano l’efferata violenza sessuale di gruppo, la minaccia e, aggravante non secondaria nella società contemporanea, la diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti. La lettura della sentenza ha risuonato come un parziale risarcimento morale per le vittime e le loro famiglie.
I genitori di una delle cuginette, la più piccola, rappresentati in aula dalle avvocate Clara Niola e Giovanna Limpido, hanno espresso una contenuta soddisfazione: “Siamo soddisfatti per il verdetto: la nostra bambina e noi come famiglia possiamo tirare un altro sospiro di sollievo” hanno dichiarato, con parole che vanno oltre la mera cronaca giudiziaria. Il commento si è poi focalizzato su un aspetto sociale cruciale: “Ringraziamo la magistratura penale per il lavoro svolto: è importante che i giovani di oggi comprendano le conseguenze delle proprie azioni e, soprattutto, la certezza della pena di cui tante volte si discute”.
Un messaggio potente, lanciato dal dolore, che invoca responsabilità e severità della legge di fronte a crimini così odiosi. Per comprendere la portata di questo verdetto, è necessario tornare all’estate del 2023, quando tra giugno e luglio, si consumarono gli episodi di violenza che portarono alla luce un degrado morale e sociale intollerabile. Teatro degli abusi fu l’area del Parco Verde di Caivano, rione di edilizia popolare tristemente noto alle cronache come un “buco nero” dove la criminalità organizzata ha trasformato intere sezioni in una gigantesca piazza di spaccio a cielo aperto, sopraffacendo la legalità.
Le ragazzine, due cuginette in età prepuberale, furono costrette a subire ripetuti e atroci rapporti sessuali da un gruppo ben più ampio. Oltre ai due maggiorenni ora condannati in appello, il “branco” era composto da altri sette giovani, tutti minorenni all’epoca dei fatti, per i quali il procedimento giudiziario è proseguito separatamente presso il Tribunale dei Minori.
Le vittime venivano costrette a subire gli atti abominevoli sotto la costante e duplice minaccia: quella fisica, di essere picchiate in caso di resistenza, e quella psicologica, legata alla diffusione dei video che gli aggressori avevano girato durante gli stupri. La risonanza del caso, che ha toccato le corde più sensibili dell’opinione pubblica, è stata tale da innescare una reazione a catena a livello istituzionale.
La tragedia di Caivano ha spinto il governo a mettere in campo una vasta e complessa azione di rigenerazione e riqualificazione dell’intera area, un impegno interministeriale mirato a bonificare il territorio dal degrado e a ripristinare la legalità in un luogo lasciato troppo a lungo in balia dell’abusivismo e della criminalità. La sentenza d’Appello, pur non potendo cancellare l’orrore subito, rappresenta un punto fermo nel percorso verso la piena giustizia per le due cuginette, e un monito per l’intera comunità sulla certezza della pena come unico baluardo contro l’abominio.



















