Latte di bufala congelato, sentenza choc. Maxi sequestro ai caseifici annullato

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Mozzarella (AP Photo/Chris Warde-Jones)

CASERTA (Sergio Olmo) – La vicenda è quella raccontata in esclusiva da Cronache lo scorso 1° aprile. Altro che pesce d’aprile: il giornale, venuto in possesso di alcuni ricorsi, aveva appreso di un maxi sequestro di tonnellate di latte concentrato congelato, effettuato mesi prima dagli ispettori del Ministero dell’Agricoltura a quattro importanti caseifici produttori di mozzarella di bufala Dop e non Dop, stoccate in due aziende refrigeratrici del territorio. Una storia che aprì un duro confronto fatto di reclami, ricorsi, ordinanze, dissequestri e sentenze. Gli ispettori, nei fatti, avevano applicato la legge 138 del 1974 sulla ricostituzione del latte, che vieta detenere o usare latte cui sia stato aggiunto concentrato o ricostituito, imponendo inoltre la registrazione digitale dei carichi e scarichi per chi utilizza “latte in polvere o altri latti comunque conservati”, registrazione che in un primo momento non risultava.

A prevalere, tra successive regolarizzazioni e la tesi secondo cui la legge 138 del 1974 avrebbe riguardato solo il latte vaccino, erano state le
aziende, ottenendo dissequestro e via libera all’uso del prodotto concentrato-congelato. Nulla da fare per gli ispettori dell’Icqrf Campania e
Molise, che secondo i giudici dovrebbero occuparsi solo di concorrenza sleale e non di mancate registrazioni o di tracciabilità, ritenuta invece
competenza di Asl e Nas. Nei giorni scorsi l’ultimo atto: il 10 novembre sono state depositate le motivazioni della sentenza, che hanno fatto storcere ancora di più il naso non solo agli ispettori ma anche a molti operatori della filiera, soprattutto allevatori, che da anni difendono il settore da speculazioni e frodi. Ritenere, infatti, che la legge si applichi “storicamente” al solo latte vaccino ignora il riferimento agli “altri latti” e finisce per tutelare soltanto gli interessi degli imprenditori caseari, trascurando il consumatore. La sentenza appare anche come un monito agli ispettori, ribadendo la loro competenza esclusiva sulla concorrenza sleale, che però – osservano alcuni – ricorrerebbe proprio in caso di assenza di tracciabilità unita a un prodotto dalla qualità discutibile.

Inoltre, viene ignorato che la ricostituzione del latte concentrato-congelato con semplice acqua non restituisce il prodotto originario, alterandone struttura molecolare e resa proteica: un intervento che cambia la natura stessa del latte, anche se destinato a mozzarella non Dop. Tornerebbe, insomma, a prevalere l’interesse del produttore, che nei mesi invernali congelerebbe il latte per risparmiare spazio e reidratarlo quando aumenta la richiesta. Ma i giudici, per giustificare la sentenza, puntano anche sulla tracciabilità. Peccato, però, che tirino
in ballo una norma che non c’entra niente. Il noto comma 3 dell’articolo 4 del decreto 91 del 2014 vale, infatti, solo per il latte di bufala fresco destinato alla Dop. Punto. Del latte concentrato e congelato – quello finito al centro della vicenda – quel decreto non ne parla nemmeno per sbaglio.

Eppure lo usano come giustificazione. Un cortocircuito: si mescola l’oro bianco con un prodotto che non gli assomiglia neanche da lontano. Ieri, intanto, è intervenuta anche Altragricoltura, sottolineando che applicare la legge 138 del 1974 solo al latte vaccino equivale ad aprire la strada a nuove speculazioni su una filiera già piegata da norme e prassi sanitarie che hanno messo in ginocchio gli allevatori casertani: dall’equiparazione della carne di bufala a quella bovina agli abbattimenti per sospette brucellosi o tubercolosi, dalla speculazione sui prezzi alla mancanza di un adeguato sistema di tracciabilità del prezioso latte di bufala campana, base dell’“oro bianco”, la mozzarella Dop.

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