Giustizia fai-da-te sui social: in carcere il trapper “Don Alì” per l’agguato al professore a Barriera Milano

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TORINO – Si nascondeva nelle cantine di un palazzo del suo quartiere, ma la sua fuga è finita con un breve inseguimento e le manette ai polsi. Si chiude così, almeno per ora, la parabola criminale di un 24enne torinese, noto negli ambienti della Barriera Milano e sui social con lo pseudonimo di “Don Alì”. Gli agenti della Squadra Mobile di Torino hanno eseguito nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con la pesante accusa di atti persecutori. Un incubo, quello vissuto dalla vittima, un professore di una scuola del quartiere, iniziato con un violento agguato e proseguito con una spietata campagna d’odio online. Per lo stesso reato, la Procura ha disposto anche l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per due complici del giovane.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino, erano scattate alla fine dello scorso ottobre. Tutto ha inizio con una spedizione punitiva che ha i contorni di un vero e proprio agguato. “Don Alì” e i suoi due sodali si appostano fuori dall’istituto scolastico dove lavora il docente, attendendo il momento giusto per colpire. Il professore, ignaro di tutto, si era recato a scuola solo per riprendere la sua bambina di tre anni e mezzo al termine delle lezioni. È in quel momento che il branco entra in azione.

I tre accerchiano l’uomo davanti agli occhi terrorizzati della figlia. Volano insulti, minacce pesantissime e accuse infamanti: lo incolpano di aver maltrattato un suo alunno, loro nipote. La piccola, spaventata, si rifugia tra le gambe del padre, mentre la violenza verbale si trasforma in fisica. Gli aggressori inseguono il professore, continuando a intimidirlo e colpendolo con schiaffi alla nuca. A porre fine, almeno temporaneamente, a quella scena agghiacciante è l’intervento di una collega del docente, che coraggiosamente prende in braccio la bambina e la porta al sicuro.

Ma l’aggressione non si esaurisce per strada. Uno dei complici, infatti, riprende l’intera scena con il proprio smartphone. Il video, crudo e violento, viene prontamente pubblicato sulla pagina social di “Don Alì”, trasformando un’aggressione privata in un linciaggio pubblico. Nel post, il professore viene definito senza mezzi termini “pedofilo” e descritto come la “preda” di un raid punitivo del “gruppo Barriera Milano”, orchestrato per vendicare il presunto torto subito dal nipote.

Non contento, “Don Alì” ha cavalcato l’onda mediatica, rilasciando un’intervista a un programma televisivo nazionale. Davanti alle telecamere, invece di ritrattare, ha rincarato la dose, rinnovando le minacce al professore con parole che non lasciano spazio a interpretazioni: “e se la prossima volta abusi un bambino, finirà molto peggio”.

Gli investigatori della Squadra Mobile, attraverso un meticoloso lavoro di analisi dei video social e la raccolta di numerose testimonianze, non solo hanno ricostruito la dinamica dei fatti, ma hanno anche accertato l’assoluta infondatezza delle accuse mosse al docente. Le indagini hanno inoltre permesso di collegare “Don Alì” a un altro episodio di violenza: l’aggressione a una troupe televisiva, il cui furgone era stato danneggiato con una mazza chiodata che aveva mandato in frantumi il parabrezza.

Ieri, al termine delle ricerche, i poliziotti hanno individuato il 24enne nascosto nei sotterranei di uno stabile del quartiere. Dopo un breve tentativo di fuga, è stato bloccato, accompagnato in Questura e infine trasferito al carcere “Lorusso e Cutugno”, ponendo fine alla persecuzione di un uomo la cui unica colpa era fare il proprio lavoro.

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