Pistola e pizzini del clan: ‘Peppone’ D’Alterio condannato, ma va ai domiciliari

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GIUGLIANO IN CAMPANIA – Armato di una pistola pronta a far fuoco e con in tasca quelli che gli inquirenti ritengono essere i pizzini del clan Mallardo, una sorta di libro mastro delle estorsioni. Nonostante la gravità delle accuse, per Giuseppe D’Alterio, 34enne di Giugliano noto negli ambienti criminali con l’alias di ‘Peppone’, si sono aperte le porte di casa. La Corte di Appello di Napoli, prima sezione penale, ha infatti condannato l’uomo a 2 anni e 4 mesi di reclusione, concedendogli però la misura degli arresti domiciliari.

La sentenza accoglie in pieno la linea difensiva sostenuta dai legali dell’imputato, gli avvocati Luigi Poziello e Alessandro Caserta, che hanno ottenuto una significativa mitigazione della pena per il loro assistito, il quale potrà così scontare la condanna presso la sua abitazione a Giugliano. Una decisione che arriva in un contesto giudiziario complesso per D’Alterio, il cui nome è recentemente emerso in un’altra, e ben più grave, inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Il 34enne, infatti, è stato recentemente raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa pesantissima di associazione di tipo mafioso. Secondo gli investigatori, ‘Peppone’ sarebbe un elemento di spicco della “fazione di Lago Patria”, una costola del potente clan Mallardo, e in quel blitz finì in manette insieme ad altre cinque persone, delineando un quadro di rinnovata operatività criminale sul litorale domitio e nell’agro giuglianese.

I fatti che hanno portato alla condanna odierna risalgono alla mattinata di domenica 13 aprile dello scorso anno. Quel giorno, i Carabinieri della sezione operativa di Giugliano, durante un servizio di controllo del territorio, fermarono D’Alterio. La perquisizione diede subito esito positivo: addosso all’uomo fu trovata una pistola calibro 7.65, con matricola abrasa e, dettaglio agghiacciante, con il colpo già in canna. Un’arma clandestina e pronta all’uso, che secondo gli inquirenti sarebbe potuta servire per compiere atti intimidatori o, peggio, un agguato.

Ma il ritrovamento che ha destato maggiore allarme è stato quello di alcuni foglietti di carta, i cosiddetti “pizzini”. Su di essi erano annotati nomi di esercizi commerciali della zona di Giugliano, affiancati da cifre e appunti. Per la Procura, non ci sono dubbi: si tratterebbe di una contabilità del pizzo, la prova tangibile di una rete estorsiva capillare gestita dal clan. Quei pizzini sono ora al vaglio degli analisti per decifrare l’intera filiera del racket e identificare vittime e altri esattori.

La condanna per il possesso dell’arma e dei pizzini si chiude dunque con i domiciliari, una vittoria per la difesa. Tuttavia, su Giuseppe ‘Peppone’ D’Alterio pende ora la spada di Damocle dell’accusa di camorra, un procedimento che lo vede inserito in un contesto associativo strutturato e che potrebbe portarlo a una ben più severa resa dei conti con la giustizia. Mentre lui torna a casa, le indagini sul clan Mallardo e sulle sue attività illecite non si fermano.

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