Frode fiscale da 14 milioni: sigilli a ville e conti correnti. Nel mirino un ‘visto di conformità’ facile

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FORMIA – Un castello di carte da oltre 14 milioni di euro, costruito su crediti d’imposta inesistenti e certificazioni compiacenti, è crollato all’alba di oggi sotto i colpi di una vasta operazione della Guardia di Finanza. I Finanzieri del Comando Provinciale di Latina, al termine di un’articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di sequestro preventivo per un valore complessivo che supera i 14 milioni di euro. Nel mirino degli inquirenti sono finiti 42 soggetti, tra persone fisiche e società, sparsi su tutto il territorio nazionale.

L’inchiesta, delegata al Gruppo di Formia delle Fiamme Gialle, ha preso le mosse da una segnalazione ad alto rischio proveniente direttamente dall’Ufficio Audit dell’Agenzia delle Entrate. I funzionari del Fisco avevano infatti notato condotte anomale da parte di alcuni professionisti abilitati ad apporre il cosiddetto “visto di conformità”, un timbro cruciale che attesta la correttezza delle dichiarazioni fiscali e sblocca la possibilità di utilizzare i crediti d’imposta in compensazione.

Da quella segnalazione è scaturita un’attività investigativa complessa e meticolosa. Gli uomini della Finanza di Formia, con la partecipazione del personale dell’Agenzia delle Entrate, hanno passato al setaccio un’enorme mole di documenti, incrociato i dati delle banche-dati in uso al Corpo, eseguito indagini tecniche, acquisizioni digitali e perquisizioni, oltre a raccogliere numerose testimonianze. Un lavoro certosino che, sebbene nella fase ancora embrionale delle indagini preliminari, ha permesso di delineare i contorni di un’articolata frode fiscale.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il meccanismo era tanto semplice quanto efficace. Venivano creati artatamente crediti d’imposta totalmente inesistenti (relativi a IVA, IRES e IRAP), gonfiando voci come acconti mai versati o riportando crediti da anni precedenti che non avevano alcuna base reale. A questo punto entrava in gioco la figura chiave dell’intera truffa: un soggetto abilitato che, secondo l’accusa, apponeva il visto di conformità senza effettuare i minimi controlli previsti dalla legge. Quel timbro trasformava carta straccia in oro, rendendo i crediti fittizi idonei a essere utilizzati per pagare tasse e contributi.

Una volta “certificati”, questi crediti venivano usati dalle stesse 25 società coinvolte nell’indagine, oppure ceduti a imprese terze, create ad arte e fittiziamente operanti all’interno dello stesso gruppo societario. L’obiettivo finale era sempre lo stesso: abbattere il reddito imponibile o, più comunemente, compensare i debiti verso l’Erario e gli enti previdenziali, generando un danno enorme per le casse dello Stato.

Il provvedimento di sequestro, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ai sensi degli articoli 321 c.p.p. e 12 bis del D.Lgs. 74/2000, ha quindi posto i sigilli su disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili riconducibili agli indagati, per un valore equivalente all’ingiusto profitto del reato.

È fondamentale precisare, come sottolineato dagli stessi inquirenti, che la misura cautelare reale è stata adottata nella fase delle indagini preliminari e in assenza di contraddittorio. Gli odierni indagati sono pertanto da considerarsi innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna definitiva. Il prosieguo dell’iter giudiziario potrà confermare o ribaltare il quadro accusatorio, con il Giudice della fase processuale che avrà il compito di valutare l’effettiva sussistenza di ogni forma di responsabilità. Nel frattempo, le indagini proseguono per definire l’intera rete di complicità.

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