Secondigliano, il tesoro del clan nel bidone: arsenale e droga scoperti dopo una soffiata

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NAPOLI – Una telefonata anonima, poche parole secche e precise al centralino del 112: “C’è una borsa nel bidone, in via privata Ricci. Andate a vedere”. Una segnalazione che avrebbe potuto essere l’ennesimo falso allarme, ma che in un quartiere come Secondigliano, da sempre teatro di feroci guerre di camorra per il controllo del territorio e delle piazze di spaccio, non può mai essere ignorata. E così, nella giornata di ieri, una pattuglia dei carabinieri della locale stazione si è diretta senza indugio sul posto indicato, una strada defilata, quasi anonima, ideale per nascondere segreti inconfessabili.

Alla vista dei militari, la scena appariva del tutto ordinaria: una fila di cassonetti per la raccolta dei rifiuti, come se ne vedono a centinaia in tutta la città. Ma l’istinto e l’esperienza degli uomini dell’Arma li hanno guidati verso un bidone specifico. All’interno, seminascosto tra sacchi di spazzatura, c’era effettivamente un borsone nero, di quelli sportivi, apparentemente abbandonato. Poteva contenere abiti usati, cianfrusaglie, i resti di uno sgombero. Invece, custodiva un piccolo ma letale arsenale e un carico di droga pronto per essere immesso sul mercato.

Una volta aperto il borsone, l’odore acre della polvere da sparo mista a quello dolciastro della marijuana ha immediatamente confermato i sospetti. Il contenuto era un vero e proprio kit del perfetto criminale. La scoperta più inquietante è stata una pistola automatica calibro 9×21, arma prediletta dalla malavita per la sua potenza e affidabilità, perfettamente funzionante, oliata e pronta a sparare. Accanto all’arma, un campionario di morte: ben 75 proiettili di diverso calibro, a testimonianza di una disponibilità di fuoco variegata. Nel dettaglio, i carabinieri hanno repertato 19 colpi px19, 51 colpi calibro 16 (verosimilmente per fucili a canne mozze), 3 proiettili di calibro ancora da accertare e 2 colpi calibro 32 s&w. Un arsenale in miniatura, sufficiente a compiere agguati, rapine o atti intimidatori.

Ma non c’erano solo armi. Il borsone era anche un magazzino mobile per lo spaccio. I militari hanno infatti rinvenuto 93 grammi di cocaina purissima, un chilo e 100 grammi di hashish suddiviso in panetti e 683 grammi di marijuana. Un quantitativo ingente che, una volta tagliato e suddiviso in dosi, avrebbe potuto fruttare decine di migliaia di euro alle casse del clan che ne deteneva il controllo.

L’intero contenuto è stato posto sotto sequestro. Ora, le indagini proseguono su un doppio binario. Da un lato, la pistola sarà sottoposta ad accertamenti balistici urgenti presso il Raggruppamento Investigazioni Scientifiche (RIS) per verificare se sia stata utilizzata in recenti fatti di sangue, agguati o “stese” che hanno terrorizzato il quartiere. La sua “storia” potrebbe aprire nuovi scenari investigativi su delitti irrisolti. Dall’altro lato, gli inquirenti cercano di dare un nome e un volto al proprietario di quel “tesoro”. La telefonata anonima è l’elemento chiave: una “soffiata” del genere, nel linguaggio della camorra, può significare molte cose. Potrebbe essere l’opera di un clan rivale, intenzionato a danneggiare un gruppo nemico facendogli perdere armi e droga. Oppure, potrebbe trattarsi di una faida interna allo stesso clan, un tradimento consumato per scalare le gerarchie.

Quel che è certo è che il ritrovamento conferma come Secondigliano resti una polveriera a cielo aperto, un territorio dove la tensione è sempre altissima e dove le armi circolano con una facilità disarmante, nascoste nei luoghi più impensabili, pronte a essere impugnate per affermare il potere con la violenza. L’operazione dei Carabinieri ha inferto un colpo significativo, ma la guerra per il controllo del narcotraffico è tutt’altro che finita.

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