NAPOLI – Un’altra spallata, forse una delle più dure degli ultimi anni, al cuore dell’Alleanza di Secondigliano. Dalle prime luci dell’alba di oggi, 2 dicembre 2025, un imponente dispiegamento di forze dei carabinieri del Comando Provinciale di Napoli ha stretto d’assedio i quartieri roccaforte del clan Licciardi, eseguendo una vasta operazione che ha portato all’emissione di 21 misure cautelari. Il blitz, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) partenopea e autorizzato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli, rappresenta l’ennesimo, durissimo colpo inferto a una delle cosche più potenti e radicate nel panorama della camorra cittadina.
Il bilancio dell’operazione è pesante: 19 persone sono finite in carcere, mentre per altre 2 sono stati disposti gli arresti domiciliari. Un dettaglio significativo, che svela la profondità e la capillarità dell’indagine, è che ben 5 dei destinatari della misura di custodia cautelare in carcere erano già detenuti per altri reati. Un segnale inequivocabile, secondo gli inquirenti, della capacità del clan di continuare a operare e a impartire direttive anche dall’interno delle mura penitenziarie.
Le accuse, contestate a vario titolo agli indagati, disegnano il profilo di un’organizzazione criminale ancora pienamente attiva e pericolosa. Si va dal reato cardine di “associazione di tipo mafioso” alle “estorsioni”, la principale fonte di sostentamento del clan, imposte con metodo capillare a commercianti e imprenditori del territorio. Ma l’inchiesta ha fatto luce anche su aspetti più moderni e insidiosi della gestione criminale. Tra i reati contestati figura infatti l'”accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti”, a riprova di come i vertici, anche da reclusi, riuscissero a mantenere il comando, gestendo affari e strategie attraverso micro-telefoni e altri dispositivi introdotti illegalmente nelle celle. Completano il quadro le accuse di “ricettazione” ed “evasione”. Su tutti i reati pende la pesante aggravante del metodo e delle finalità mafiose, che certifica l’intimidazione e l’assoggettamento come strumenti primari dell’agire del clan.
L’operazione odierna si inserisce in una strategia di contrasto a lungo termine condotta dalla Procura di Napoli e dalle forze dell’ordine contro l’Alleanza di Secondigliano, il cartello fondato decenni fa dai clan Licciardi, Contini e Mallardo, che per anni ha esercitato un’egemonia quasi incontrastata su gran parte della città e della provincia. Nonostante i numerosi arresti subiti nel tempo, compresi quelli di figure apicali, il clan Licciardi ha sempre dimostrato una straordinaria capacità di riorganizzazione e resilienza.
Questo nuovo colpo, tuttavia, sembra mirare proprio a recidere quella continuità operativa. Colpendo simultaneamente gli uomini sul territorio e i capi che li dirigevano dal carcere, gli investigatori hanno tentato di tagliare la testa del serpente e, al contempo, di isolarla dal corpo. L’indagine della DDA ha meticolosamente ricostruito la catena di comando e il flusso di denaro e di ordini che dal carcere arrivava ai quartieri, alimentando il racket e le altre attività illecite. Una guerra di logoramento in cui lo Stato, oggi, ha messo a segno un punto fondamentale, dimostrando che nessuna fortezza, nemmeno quella apparentemente inespugnabile della camorra di Secondigliano, è al riparo dalla sua azione.



















