Il padrino Zagaria e il centro commerciale Borgo Antico: nuove ombre dalle parole di Inquieto

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Michele Inquieto e Michele Zagaria
Michele Inquieto e Michele Zagaria

CASAPESENNA – Sono poche le occasioni imprenditoriali che il clan dei Casalesi, con le sue molteplici frange, si sarebbe lasciato sfuggire. È quanto emerge da anni di lavoro dell’Antimafia: un’attività investigativa capillare, costante, che ha mostrato come la criminalità organizzata sia riuscita a mettere mano – direttamente o indirettamente – ai principali business del territorio casertano e non solo. Dalla gestione dei rifiuti alla filiera agroalimentare, dai carburanti allo sport, fino al settore immobiliare, energetico, alle cave e ai centri commerciali: presenze e interferenze che non sempre, però, sono state sufficienti per determinare sviluppi giudiziari significativi. È il caso del centro commerciale Borgo Antico di S. Cipriano d’Aversa.

Circa nove anni fa la Direzione distrettuale antimafia, notificando un avviso di conclusione delle indagini preliminari a due soggetti sanciprianesi, accusati di concorso esterno al clan, mise nero su bianco una presunta connessione tra quella struttura e un imprenditore ritenuto vicino ai Casalesi. Un filone che non ebbe seguito: non raggiunse la solidità probatoria necessaria per approdare a un processo. La Dda aveva preso un granchio? Aveva sbagliato valutazione? Forse sì. Ma, come spesso accade, elementi considerati fragili all’epoca tornano alla luce molto tempo dopo, in modo inatteso e non cercato, attraverso dichiarazioni di collaboratori chiamati a riferire su questioni apparentemente lontane.

È in questo contesto che si inseriscono le parole di Nicola Inquieto, uno dei tesorieri del boss Michele Zagaria Capastorta, che ha da poco intrapreso il percorso di collaborazione con la giustizia.

In uno degli interrogatori resi ai pm Maurizio Giordano e Andrea Mancuso, Inquieto ha infatti tirato in ballo proprio il Borgo Antico. Nello specifico, ai magistrati – che il 25 novembre scorso gli chiedevano cosa sapesse di Alessandro Falco, (ex) patron del Jambo e condannato in primo grado per associazione mafiosa – il neo collaboratore ha riferito di presunti incontri proprio tra Falco e il boss. Inquieto, prima del suo trasferimento in Romania (dove ha investito i soldi del clan), agli inizi degli anni 2000 si occupava degli spostamenti di Michele Zagaria mentre era latitante.

E in questo valzer di accompagnamenti da un covo all’altro, varie volte lo avrebbe condotto dal bunker di via Po, a San Cipriano, fino all’abitazione di Giacomo Capoluongo, esponente del clan dei Casalesi, dove sarebbero avvenuti i colloqui con Falco. In uno di questi confronti, racconta, Falco avrebbe lasciato una busta di denaro per il capo clan.

Appreso dei rapporti solidi tra il titolare del Jambo e Zagaria, Inquieto dice di aver chiesto al boss la possibilità di far assumere due suoi
congiunti al centro commerciale di Trentola Ducenta. Capastorta avrebbe dato disponibilità, definendo la cosa “un’operazione semplice”. I due indicati, però, presero poi strade diverse: uno fu assunto – chiarisce Inquieto – dal fratello Vincenzo (ultimo vivandiere della lunga latitanza – nel bunker di via Mascagni – di Zagaria); l’altro, invece, nel bar del Borgo Antico. Ed è qui che arriva la parte significativa (e relativamente nuova) del racconto. Perché, secondo Inquieto, l’assunzione al Borgo Antico fu comunque un’iniziativa di Zagaria: il mafioso gli avrebbe confidato che quell’operazione commerciale, cioè il Borgo Antico, “era sua”. Parole che non possono essere considerate verità assolute e che dovranno essere ulteriormente verificate, ma che rappresentano tracce in linea con la tesi sulla quale la Dda aveva già lavorato raccogliendo elementi negli anni passati: l’ipotizzata connessione tra la struttura commerciale sorta a San Cipriano e alcuni esponenti del mondo mafioso.

Ad ogni modo, ad oggi va ribadito che non sono stati accertati – nessuna sentenza lo dice – contatti tra il clan dei Casalesi e il Borgo Antico (che quindi resta estraneo al contesto della criminalità organizzata). Quelle emerse sono solo tracce e ipotesi, e alla Dda, ora con il nuovo pentimento, spetta valutare se tornare ad approfondire o meno.

Le prime dichiarazioni da collaboratore di Inquieto (condannato a 14 anni per associazione mafiosa) sono state depositate nel processo d’Appello Jambo, nato dall’inchiesta della Dda sulle ipotizzate ingerenze di Za garia nel centro commerciale e nell’amministrazione di Trentola Ducenta. In questo processo, in primo grado, Falco è stato condannato per associazione mafiosa. Adesso l’uomo d’affari è alle prese con l’iter di secondo grado.

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