Roma, 30 mag. (LaPresse) –
Una fiammella di speranza si è riaccesa improvvisamente nelle truppe pentastellate.
La proposta di Luigi Di Maio per salvare l’accordo con la Lega e far partire il governo del cambiamento è caduta dal cielo quando tutto sembrava presagire l’arrivo di un esecutivo tecnico utile solo a portare il Paese alle urne. Addirittura già alla fine del mese di luglio.
Eventualità che in pochi avevano accolto con entusiasmo, mentre una parte numericamente consistente della pattuglia parlamentare, a taccuini chiusi, aveva espresso più di qualche perplessità. Un po’ per la paura che il caldo potesse scoraggiare gli elettori più agée (che sono maggioranza in Italia), un po’ perché tornare a chiedere il voto dopo pochi mesi soltanto avrebbe comunque creato qualche problema, in particolar modo ai candidati dei collegi uninominali.
Tutte le preoccupazioni potrebbero però sparire, di colpo, se anche dalla Lega arrivasse l’ultimo, sospirato sì alle proposte dei cinquestelle. Ecco perché, un pezzo da novanta del Movimento come Alfonso Bonafede si è rivisto sorridente ed entusiasta nei corridoi di Montecitorio, in vena di battute pur confermando la sua fama di ‘porta-silenzi’ (cavargli una dichiarazione fuori programma non riuscirebbe nemmeno al più abile dei dentisti).
O ancora si è visto correre da una panchina all’altra del cortiletto della Camera uno dei più attivi e seriosi deputati pentastellati, Stefano Buffagni, con il suo inseparabile telefonino tra le mani, collegato alla diretta Facebook di Di Maio, per chiedere a ogni collega che trovava a tiro feedback, sensazioni o semplicemente impressioni a caldo di quello che stava annunciando il capo politico dopo l’incontro informale con il presidente della Repubblica. Chiunque li abbia incrociati non ha potuto fare a meno di notare che sui volti dei Cinquestelle sembrano tornati i sorrisi dei primi giorni della legislatura. Quando, ancora carichi dopo il boom alle urne, erano pronti a iniziare l’avventura del governo che, nei loro piani iniziali, avrebbe dovuto traghettare l’Italia nella “terza Repubblica”.