Terrore a Pomigliano, estorsione con metodo mafioso: due in carcere per una richiesta da 15mila euro

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Operazione dei carabinieri
Operazione dei carabinieri

POMIGLIANO D’ARCO – Un incubo durato settimane, fatto di minacce, violenza e la paura costante generata dall’ombra della Camorra. Si è concluso all’alba di oggi, con il rumore delle sirene e il tintinnio delle manette, il terrore vissuto da un imprenditore locale. I Carabinieri della Stazione di Pomigliano d’Arco hanno stretto il cerchio attorno a due individui, eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Napoli. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) partenopea, rappresenta il culmine di una meticolosa attività investigativa che ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei due soggetti per il reato di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso.

I fatti contestati risalgono allo scorso mese di febbraio 2025. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, i due indagati avrebbero preso di mira la loro vittima con un unico, spietato obiettivo: costringerla a pagare una somma di 15.000 euro. Non si trattava di una semplice richiesta di denaro, ma di una pretesa avanzata con la protervia e la violenza tipiche delle organizzazioni criminali. Per piegare la volontà dell’imprenditore, i due non avrebbero esitato a evocare esplicitamente l’operatività e la potenza dei clan camorristici attivi sul territorio di Pomigliano e nelle aree limitrofe, un’area storicamente segnata dalla pervasiva influenza della criminalità organizzata.

La pressione psicologica sulla vittima è stata incessante e scientifica. Le condotte minatorie, come emerso dalle indagini, non si sono limitate a telefonate o incontri clandestini. Gli estorsori avrebbero agito con una spregiudicatezza allarmante, presentandosi ripetutamente sia presso l’abitazione privata della persona offesa, violando la sua sfera più intima, sia sul suo luogo di lavoro. Un dettaglio, quest’ultimo, che aggrava ulteriormente il quadro: le minacce sarebbero avvenute anche alla presenza di terze persone, testimoni involontari di un’arroganza criminale che non temeva di mostrarsi in pubblico. Un modo per umiliare la vittima, isolarla e dimostrare un controllo totale sul suo ambiente di vita e professionale.

L’indagine, delegata dalla Procura Distrettuale di Napoli e condotta con pazienza e rigore dai militari dell’Arma, ha permesso di raccogliere elementi probatori sufficienti a convincere il GIP della necessità di applicare la misura cautelare più afflittiva. Gli arresti di oggi pongono fine a un’escalation di violenza che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi e riaffermano la presenza dello Stato in un territorio complesso.

Come sottolineato in una nota ufficiale della Procura, è fondamentale ricordare che il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta nella fase delle indagini preliminari. Contro di essa sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari, pur gravemente indiziati, sono da considerarsi presunti innocenti fino a una sentenza di condanna definitiva. Le indagini proseguono per chiarire ogni aspetto della vicenda e accertare l’eventuale coinvolgimento di altre persone.

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