Tangenti sui rifiuti, confessa un indagato

È l’imprenditore Ilario: ha ammesso di aver versato mazzette per appalti ad Arienzo e nel Beneventano. Ha scelto di parlare con i magistrati, svelando nuovi aspetti del sistema che, sotto la guida di Nicola Ferraro, avrebbe veicolato gare pubbliche verso ditte amiche

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Il sindaco Giuseppe Guida e Nicola Ferraro
Giuseppe Guida e Nicola Ferraro

CASERTA – Nuovo colpo di scena nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli sul presunto ‘sistema Ferraro’, la rete che – secondo l’accusa – guidata da Nicola ‘Fucone’, ex consigliere regionale dell’Udeur, avrebbe orientato, facendo leva anche sulla propria caratura mafiosa, appalti pubblici nel settore della raccolta dei rifiuti e delle sanificazioni verso imprese amiche.
Se abbiamo detto ‘nuovo colpo di scena’ è perché è stata un’indagine che, sin dall’inizio, ha mostrato passaggi fuori dall’ordinario: dal ritrovamento di quasi due milioni di euro in contanti, durante una perquisizione (circostanza non frequente), seguito dalla decisione di uno degli indagati di collaborare, fino alle richieste di misure cautelari e alla scelta del gip – molto discussa – di subordinare ogni decisione all’interrogatorio preventivo (seguendo la riforma voluta dal ministro Carlo Nordio), nonostante la contestazione dell’aggravante mafiosa. Misure che, alla fine, sono state adottate per alcuni inquisiti, escludendo però la vicinanza diretta al clan dei Casalesi, e che in parte sono state poi annullate dal Riesame.

Ora l’ulteriore svolta è rappresentata dalla decisione di un altro indagato di rendere dichiarazioni al pubblico ministero Maurizio Giordano, titolare del fascicolo. Si tratta di Aniello Ilario, rappresentante della Czeta, società attiva nel settore dell’igiene urbana. La Procura di Napoli, sulla base degli elementi raccolti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, gli contesta il reato di corruzione in relazione a una gara d’appalto indetta dal Comune di San Giorgio del Sannio per la raccolta dei rifiuti solidi urbani.

Secondo l’impianto accusatorio, Ilario avrebbe versato una tangente di 10mila euro ciascuno all’allora sindaco Angelo Ciampi e a Pietro Buonanno, presidente della commissione di gara, per assicurarsi l’aggiudicazione dell’appalto. Quelle somme, sempre secondo l’accusa, rappresenterebbero un acconto di un patto corruttivo ben più ampio, pari a 90mila euro, da versare in più tranche in occasione di Natale, Pasqua e Ferragosto.

Davanti al pm, Aniello Ilario ha confermato di aver consegnato denaro a Ciampi a titolo corruttivo. Ha spiegato di essere riuscito ad avvicinare il sindaco prima tramite Giuseppe Ilario e di averlo incontrato inizialmente presso la sua abitazione, in un contatto definito ‘conoscitivo’. Successivamente, per non coinvolgere ulteriormente il parente, avrebbe organizzato un nuovo appuntamento tramite un altro intermediario. L’incontro decisivo sarebbe avvenuto a Paolisi, dove – riferisce Ilario – comprese chiaramente che per ottenere l’appalto avrebbe dovuto pagare.

Il sindaco, sempre secondo il racconto dell’imprenditore, avrebbe avanzato inizialmente una richiesta di 150mila euro, somma non destinata esclusivamente a lui. In seguito, Ilario riferisce di aver incontrato Ciampi altre quattro volte, consegnando complessivamente 50mila euro. Uno di questi incontri, avvenuto in un bar di Napoli, è stato documentato dai carabinieri.

Ilario ha aggiunto che il primo cittadino avrebbe poi chiesto altro denaro: oltre ai 40mila euro già versati, altri 110mila euro da corrispondere in tre tranche nell’arco di un anno. Il meccanismo si sarebbe interrotto solo con l’avvio delle perquisizioni. Nel corso delle dichiarazioni, l’imprenditore ha parlato anche della vicenda di Arienzo, per la quale è indagato per corruzione in concorso con il sindaco Giuseppe Guida (indagato a piede libero – il Riesame aveva annullato i domiciliari) e con lo stesso Nicola Ferraro.

Ilario ha raccontato di essersi affacciato al contesto della Valle di Suessola dopo aver appreso che la ditta vincitrice dell’appalto era in difficoltà. La sua Czeta si era classificata seconda e, tramite un segnalatore, venne a sapere che il Comune stava valutando l’esclusione della prima classificata. Era l’autunno del 2021 quando Domenico Romano (anche ltra gli indagati del sistema Ferraro) ritenuto dalla Dda braccio destro di ‘Fucone’ avrebbe avvicinato Ilario dicendogli di avere ‘amici’ ad Arienzo e che, per stare tranquillo, avrebbe dovuto versargli 50mila euro una volta avviato il servizio.

La prima ditta venne effettivamente esclusa e subentrò ad Arienzo la Czeta. Successivamente – ha riferito ancora Ilario – sarebbe stato avvicinato da un soggetto noto come Minuccio ’o pazzaglione, di San Felice a Cancello, che gli avrebbe chiesto 2.500 euro. Di quell’episodio, ha spiegato, parlò con Romano, che lo invitò a non preoccuparsi perché avrebbe sistemato la questione.

Ilario ha inoltre dichiarato di aver versato denaro in più occasioni a Domenico Romano e di sapere che quest’ultimo intratteneva rapporti diretti con Nicola Ferraro. Elementi che, per l’accusa, rafforzano l’ipotesi di un sistema stabile di tangenti nel settore dei rifiuti e danno ulteriore riscontro alle dichiarazioni già rese da Romano (che in alcune occasioni avrebbe agito da collettore dei quattrini poi destinati, almeno in parte, a Ferraro).

Le dichiarazioni di Ilario sono state depositate l’altro ieri nell’ambito dell’appello al Riesame presentato dalla Dda per chiedere l’annullamento del no del gip alle misure cautelari nei confronti di alcuni degli indagati.

La Dda insiste sull’accusa mafiosa: prende il via l’appello al Riesame

È convinta della propria tesi la Procura di Napoli. L’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta ha fatto emergere elementi tali da ritenere solida l’accusa di associazione mafiosa nei confronti di Nicola Ferraro (ora libero), che ha già sulle spalle una condanna per concorso esterno al clan dei Casalesi. Per questa ragione la Dda ha presentato appello al Riesame, nel tentativo di ribaltare la decisione del Tribunale di Napoli che non aveva riconosciuto, ai fini cautelari, la pesante contestazione.

La Direzione distrettuale antimafia, tramite il pm Maurizio Giordano, aveva presentato ricorso anche per Luigi Bosco (nella foto in alto), già consigliere regionale ed ora coordinatore regionale di Azione, e per Amedeo Balsotti, ex direttore generale dell’Asl di Caserta, accusati di una presunta turbativa d’asta relativa a un appalto per la sanificazione. Su queste posizioni, però, il pm, ieri, ha rinunciato all’appello. Rinuncia anche per Angelo Ciampi, ex sindaco di San Giorgio del Sannio, per Domenico Raimo, 55enne di Grumo Nevano, e per Luigi Grimaldi, 58enne consigliere comunale di Napoli. Ciampi risponde di corruzione e turbativa d’asta in relazione a un appalto nel Beneventano; gli stessi reati sono contestati a Raimo e Grimaldi, ma in riferimento all’appalto per l’igiene urbana di Frattamaggiore, che – secondo l’accusa – sarebbe stato veicolato verso la Czeta riconducibile a Ilario. In questi casi, tuttavia, la Dda ritiene non più necessaria l’applicazione di misure cautelari. L’appello al Riesame resta invece in piedi per Antonio Moraca, 70enne di Capua, Felice Foresta, 60enne di San Marco Evangelista, Giuseppe e Luigi Rea (nella foto in basso) entrambi casertani, Paolo Verolla, 41enne, e il suo omonimo di 36 anni, Luigi Verolla, nonché Carlo e Vittorio Ciummo di Cassino, in relazione alla contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa.

L’udienza davanti al Tribunale del Riesame proseguirà nel mese di gennaio. Gli indagati sono tutti da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

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