RIYAD (ARABIA SAUDITA) (LaPresse/AFP) – L’Arabia Saudita ha rilasciato le prime patenti di guida alle donne. A tre settimane dall’entrata in vigore del decreto reale che le autorizzerà a guidare. “La Direzione generale della circolazione ha cominciato oggi a sostituire le patenti internazionali riconosciute nel regno con permessi sauditi. Prima dell’autorizzazione prevista per il 24 giugno”. Ha dichiarato una fonte ufficiale.
Era stato il re Salman a settembre ad annunciare che il divieto, sarebbe stato eliminato.
L’Arabia Saudita era il solo paese al mondo che vietava alle donne di guidare. E aveva emanato il decreto apposito. Esso fissava al 24 giugno 2018 il primo giorno in cui le cittadine saudite si sarebbero potute sedere al volante. La concessione rientra nel programma di riforme economiche e sociali ispirate da suo figlio, il principe ereditario Mohammad bin Salman, che guarda a un islam moderato.
Le promesse di apertura del principe hanno portato alla riapertura dei cinema e all’organizzazione di concerti
Ma sono state anche criticate da molte voci a livello internazionale come misure di facciata. Strumentali, in realtà, a migliorare le chance economiche del regno nel mondo. Le stesse misure, infatti, sono state in parallelo accompagnate da un aumento degli arresti. Soprattutto di attiviste e attivisti dei diritti umani. In particolare, nelle ultime settimane sono state incarcerate donne che hanno manifestato per rivendicare il diritto a guidare e la fine di un sistema che impedisce alle cittadine molte attività, senza l’autorizzazione o la supervisione di un familiare uomo. Una sorta di ‘guardiano’.
Secondo fonti ufficiali di Riyad, le persone incarcerate erano 17, accusate di avere “messo in pericolo” la sicurezza del Paese, ma solo otto sono state rilasciate.
Nove restano in cella, tra cui quattro donne, dopo che secondo i media ufficiali hanno “confessato” vari reati, tra cui contatti con organizzazioni “ostili”. Dura la critica delle ong. “Il principe ereditario è stato presentato come un riformatore, ma la repressione contro le voci dei dissidenti nel Paese non fa che aumentare”, ha dichiarato Samah Hadid, direttrice delle campagne di Amnesty International per il Medioriente.