CASAL DI PRINCIPE – Usciti dal carcere e tornati a muoversi sul territorio, alcuni storici esponenti del clan dei Casalesi avrebbero progressivamente ricostruito relazioni e interessi criminali, individuando nel traffico di stupefacenti un nuovo terreno di espansione. È questo il quadro che emerge dall’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, confluita in un procedimento che coinvolge 29 persone e che, secondo l’autorità giudiziaria, descrive un contesto in cui vecchie appartenenze mafiose e nuove dinamiche del narcotraffico si intrecciano in modo pericoloso.
In questa cornice, la Direzione distrettuale antimafia attribuisce un ruolo significativo a Pasquale Apicella, detto ’o Bellomm, figura di spicco del clan. Non avrebbe operato come un semplice comprimario, ma – sostiene l’accusa – come figura di raccordo, mantenendo un profilo prudente e frammentato, ma comunque funzionale alla circolazione della droga.
È in questo schema che si inserisce il rapporto tra Apicella e Domenico Fontana, alias ’o malese. Le intercettazioni e le riprese effettuate presso l’abitazione dei coniugi Apicella restituiscono un clima di forte tensione familiare, con la moglie che più volte manifesta il timore che il marito possa essere risucchiato nuovamente in vicende di droga, proprio a causa delle frequentazioni con Fontana.
Un altro elemento che emerge dall’indagine riguarda il ruolo crescente dei gruppi albanesi come fornitori di sostanza stupefacente. Secondo la Dda, si tratta di una criminalità ormai stabilmente inserita nel traffico internazionale, capace di dialogare sia con le organizzazioni campane sia con quelle calabresi.
La vicenda che coinvolge Apicella e Fontana nel sistema droga ne sarebbe una conferma. Apicella, stando alla ricostruzione operata dai carabinieri, avrebbe messo in contatto Fontana con fornitori albanesi per l’acquisto di cocaina, assumendo il ruolo di garante quando il malese non riesce a saldare il debito. Le conversazioni captate il 3 dicembre 2022 documentano una situazione di forte tensione, con la reazione violenta dei creditori e l’intervento di Apicella che, per evitare conseguenze più gravi, si assume un impegno personale, arrivando a minacciare lo stesso Fontana. È proprio questo episodio a mostrare, secondo gli inquirenti, il peso delle relazioni di Apicella, ritenuto in grado di gestire passaggi delicati e momenti di crisi potenzialmente esplosivi.
Dagli atti emerge che l’attività di Apicella nel traffico di droga sarebbe stata limitata a due episodi, distanti otto mesi l’uno dall’altro: una cessione di cocaina del valore di 2.500 euro e l’intermediazione per una fornitura da 2.000 euro proveniente dal canale albanese. Una partecipazione che il giudice ha ritenuto occasionale, tanto da escludere per lui l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti contestata ad altri indagati.
Tuttavia, la Dda colloca tali condotte in un contesto più ampio, evidenziando come Apicella, pur con un’attività ritenuta non stabile, avrebbe continuato a muoversi sfruttando il proprio prestigio criminale e le conoscenze maturate nel tempo. Non a caso, quando scopre che Fontana avrebbe giocato su più tavoli, spendendo il suo nome presso soggetti riconducibili al gruppo guidato da Giovanni Cortese, Apicella interrompe bruscamente ogni rapporto, ritenendo il malese inaffidabile e pericoloso. L’indagine ha portato il giudice per le indagini preliminari a disporre la misura cautelare solo nei confronti di Apicella, accusato di associazione mafiosa, estorsione e spaccio di droga, e di altri quattro soggetti – Giuseppe Alfano, Giovanni Cortese detto ’o cavallaro, Mario Cortese e Domenico Fontana – ritenuti parte di un’associazione a delinquere specializzata nello spaccio.
Tutti gli indagati sono da ritenere innocenti fino a sentenza definitiva. L’inchiesta si trova ancora nella fase preliminare e solo l’eventuale processo potrà chiarire ruoli, responsabilità ed effettiva consistenza delle accuse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA























