I fondi da sequestrare alla Lega non intaccano i rapporti Lega-M5s

Di Maio ribadisce che il governo durerà cinque anni: "Quanto basta per mantenere le promesse"

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
di Maria Elena Ribezzo

ROMA (LaPresse) – Il governo tiene. Migranti, fondi da sequestrare alla Lega, attacchi alla magistratura non sono dossier che intaccano i rapporti tra il Carroccio e il Movimento 5 Stelle.

Luigi Di Maio lo ribadisce più volte. Sostiene che l’esecutivo andrà dritto sul programma noncurante delle polemiche e che governerà per cinque anni. Quanto basta per “mantenere le promesse fatte”. La vicenda dei fondi della Lega non gli crea nessun imbarazzo: riguardano l’era Bossi. “La sentenza della Cassazione dice chiaramente che è tutto in mano alla magistratura Per fortuna noi del governo questi problemi non li abbiamo”.

Le prossime tappe, per quanto gli riguarda, saranno la calendarizzazione della proposta sul taglio alle pensioni d’oro e la nomina del nuovo ad di Cassa Depositi e Prestiti. Entrambe già in settimana, insieme all’abolizione dei vitalizi agli ex parlamentari.

Se il gruzzolo ricavato dal taglio alle superpensioni sarà irrisorio o meno lo sapremo presto. Prima di tutto, però, “si tratta di giustizia sociale”. L’approvazione conta di portarla a casa prima della pausa estiva.

Reddito di cittadinanza e Flat Tax si faranno, assicura

“Il ministro Tria non ha mai detto di no” e avanza l’ipotesi di concludere entro l’anno. Poi rassicura le aziende preoccupate dal dl Dignità e dai paletti ai contratti a tempo determinato: “Chi non ha mai sfruttato i giovani non ha nulla da temere. L’obiettivo è ridurre i costi del lavoro”.

Il vicepremier non ha paura di battere i pugni con l’Europa sulla flessibilità dei vincoli di bilancio. Neanche se questo comporta un declassamento dell’Italia da parte delle agenzie di rating: “C’è stato anche con i governi che praticavano l’austerity”, osserva. L’obiettivo è ridurre il debito, ma la ricetta passa per gli investimenti: dobbiamo avere margini”.

Sulla gaffe di Jacopo Morrone, sottosegretario alla Giustizia, abbassa i toni, ma non si dissocia: “L’idea non è quella di creare una corrente unica. Bisogna assicurare la pluralità, ma fare in modo che le scelte nel Csm siano legate agli obiettivi della giustizia e non a interessi di corrente”, afferma. “La magistratura deve fare il proprio lavoro e noi non l’abbiamo mai attaccata, ma ci siamo sempre permessi di dire che ad esempio i magistrati che entrano in politica non possono tornare a fare i giudici”.

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