Brexit, Johnson lascia il governo di Theresa May: è il secondo dimissionario in 24 ore

in foto Boris Johnson

LONDRA Boris Johnson lascia il governo di Theresa May in segno di protesta contro il nuovo piano presentato dalla premier per il negoziato sull’uscita dall’Unione Europea. Due dimissioni in poco meno di 24 ore: prima del ministro degli Esteri, aveva lasciato il governo anche il ministro per la Brexit, David Davis. La premier conservatrice rischia il voto di sfiducia che potrebbe arrivare proprio dai deputati Tory.

Johnson: “Il sogno sta morendo soffocato da insicurezze superflue”

Per entrambi gli ex ministri il piano della premier tradirebbe il risultato del referendum sulla Brexit di due anni fa. La discussione si è accesa durante l’ultimo Consiglio dei ministri svoltosi a Chequers, residenza di campagna della May. Nella lettera di dimissioni Johnson ha motivato così la propria scelta: “Il sogno sta morendo soffocato da insicurezze superflue. La Gran Bretagna rischia una semi-Brexit”. Coerentemente a quanto sostenuto sin dalle prime trattative, dunque, l’ex sindaco di Londra si è confermato sostenitore di una hard Brexit.

Davis: “Posizione debole della Gran Bretagna nei negoziati con l’Unione Europea”

Viaggia sulla stessa linea di pensiero anche il ministro Davis che, poche ore prima, aveva dichiarato: “La direzione generale della politica del governo, nella migliore delle ipotesi, lascerà la Gran Bretagna in una posizione debole nei negoziati con l’Unione Europea, e forse senza via di uscita”. A seguire si è dimesso anche il sottosegretario per la Brexit, Steve Baker.

La replica di Theresa May

Per la premier Theresa May l’occasione per replicare è arrivata in Parlamento con un intervento chiaro e deciso giunto poco dopo l’annuncio dell’addio di Johnson. Con i due ministri dimissionari “non siamo d’accordo sul modo migliore di portare a termine il nostro impegno comune per rispettare il risultato del referendum del 2016″ ha dichiarato la premier. Il piano della discordia prevede la realizzazione di una zona di libero scambio e un nuovo modello doganale per mantenere il libero commercio.

 

 

 

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