di Elisabetta Graziani
ROMA (LaPresse) – Prosegue la ricerca tra i renziani di un candidato forte da contrapporre in congresso a Nicola Zingaretti. Dopo il nome di Graziano Delrio, tra i renziani è cominciato a circolare quello di Marco Minniti. Più un test di prova che una vera e propria carta da mettere sul tavolo in vista di future primarie. L’ex ministro dell’Interno infatti non ha finora manifestato l’intenzione di candidarsi, esattamente come Delrio. Il dato di fatto è che al momento manca qualcuno che voglia concorrere per l’area capitanata da Matteo Renzi, certo che lo scontro sarà piuttosto duro. Si sentono ancora nell’aria le parole del senatore di Firenze rivolte in assemblea alla minoranza: “Ci rivedremo al Congresso e riperderete”. Il nome di Minniti però è divisivo nella galassia renziana: è nota infatti l’avversione di Matteo Orfini per le politiche sui migranti dell’ex titolare del Viminale.
Si delinea intanto nel partito un nuovo fronte che passa attraverso il sostegno, o meno, ai Cinquestelle in Parlamento
Su questo tema i Dem potrebbero impostare la battaglia da qui alla fine del congresso. C’è un’ala del Pd, che ha in Andrea Orlando e in Francesco Boccia i suoi epigoni. Che ritiene di dover valutare i provvedimenti del M5S “punto per punto” ed eventualmente appoggiare le proposte più di ‘sinistra’ dei pentastellati, anche per mettere in crisi la maggioranza. Più di uno nel Pd è infatti convinto che il divorzio tra Salvini e Di Maio non sia un’ipotesi dell’irrealtà. Sulla sponda opposta i renziani, però, spingono per l’opposizione dura e pura al M5S.
Il dibattito sul decreto Dignità è soltanto un esempio
Dopo l’apertura dell’ex Guardasigilli, ci pensa Maurizio Martina a chiudere gli spiragli. “Non è votabile per i contenuti annunciati”, chiarisce il segretario. “Non affronta i veri nodi ancora aperti, in particolare per sostenere il lavoro stabile”. La sfida passa piuttosto attraverso l’agenda sociale Dem, a cominciare dal salario minimo su cui il Pd invita al confronto il Movimento. Sulla stessa linea Delrio secondo cui il dialogo tra il Pd e il M5S sarebbe “utile” al Paese. “Io penso che noi dobbiamo dialogare con i 5 Stelle sui provvedimenti. Con la Lega non ci sono le condizioni. Con i 5 Stelle ci potrebbero essere. Ma dipende molto se loro non si schiacciano sulla Lega“. Posizione simile a quella di Dario Franceschini.
Prove di avvicinamento, intanto, da parte di Zingaretti verso Carlo Calenda. “Calenda ha ragione. Le sue preoccupazioni sul Pd sono assolutamente condivisibili. Il rischio della palude c’è. Dobbiamo cambiare tutto, e a Carlo dico: proviamoci”. La corsa a chi riesce a portare più ‘big’ dalla propria parte è cominciata.
C’è attesa infine per la nuova segreteria del partito che dovrebbe definirsi entro giovedì. Sarà ‘plurale’ nel rispetto dell’idea di collegialità portata avanti da Martina e rispecchierà le diverse aree Dem. Per ora in pole nella ‘squadra’, per il ruolo di vicesegretario, c’è la senatrice Teresa Bellanova, si fa poi il nome di Marina Sereni per i franceschiniani oltre a quello di Gianni Cuperlo.