TEHERAN (LaPresse/AFP) – Sessantasette persone sono state arrestate nelle scorse settimane in Iran, nell’ambito della campagna contro la corruzione approvata dal leader supremo, ayatollah Ali Khamenei. Inoltre, a più di cento dipendenti governativi è stato vietato di lasciare il Paese. Lo ha dichiarato il portavoce Gholamhossein Mohseni Ejeie, citato dall’agenzia di stampa legata al potere giudiziario Mizan.
La campagna anticorruzione di Khamenei
“Il nostro nemico americano ha deciso di mettere pressione sul popolo e intende porre la nostra economica sotto pressione. Ma inutilmente”, ha affermato il portavoce. “Ci sono persone che tentano di usare questa opportunità e accumulare beni di base. E aumentare la pressione sulla gente, accumulando e trafugando”, ha aggiunto.
Tribunali speciali per reati economici
Sabato, Khamenei ha infatti approvato la richiesta del capo della giustizia, Sadegh Larijani, di istituire tribunali rivoluzionari speciali per i processi per reati economici. “L’obiettivo è che la pena dei condannati per corruzione economica sia applicata in modo urgente e giusto”, ha poi affermato l’ayatollah.
Le sanzioni degli Usa
La pressione legata alla reimposizione delle sanzioni statunitense, legata al ritiro dall’accordo sul nucleare del 2015, ha poi esacerbato la rabbia pubblica per la corruzione nel Paese. Di recente il capo della banca centrale iraniana è stato infatti rimosso. E il suo vice incaricato degli scambi valutari è stato arrestato. Proteste popolari e scioperi si sono susseguiti in vari luoghi.