Sisma, la Protezione civile lancia l’allarme: in Molise potrebbero esserci scosse più forti

Il capo della Protezione civile Angelo Borrelli parla di rischio non trascurabile

CAMPOBASSO – Potrebbe non essere finita. Parliamo del terremoto in Molise e dell’allarme lanciato nel corso di un incontro al Coc di Montecilfone dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli. Un allarme lanciato già durante lo scorso vertice in prefettura a Campobasso. Il rischio è che potrebbero verificarsi ulteriori scosse, alcune delle quali anche di elevata intensità. Un rischio tutt’altro che peregrino, tanto che il governatore Donato Toma ha iniziato a preparare una relazione sullo stato d’emergenza in Molise. Intanto si lavora scandagliando il territorio. Le abitazioni valutate inagibili sono 35, mentre i viadotti della Fondovalle del Biferno dovrebbero riaprire prima di lunedì. A una settimana dal sisma, dunque il pericolo non sembra passato.
Negli ultimi anni il centro Italia è stato devastato dagli eventi tellurici, eppure per la rimozione delle macerie e la ricostruzione ci si è mossi lentamente
Dopo la notte del 16 agosto gli abitanti dei paesi interessati dallo sciame sismico avevano dormito fuori casa, ora quasi tutti sono rientrati. Una scossa pesante e una serie di movimenti tellurici, una trentina, a 4 chilometri da Montecilfone avevano letteralmente fermato il tempo alle 20.19. La mattina del 17 agosto la terra ha tremato anche nelle Marche. Una scossa di magnitudo 2.6 è stata registrata alle 6.12 con epicentro a 9 chilometri da Ancona. A 16 anni dall’ultimo tragico evento sismico in Molise la ricostruzione non è ancora completa.
La zona è poco conosciuta dall’Ingv dal punto di vista sismico, per “una limitata documentazione della sismicità storica”. La faglia che ha provocato i terremoti il 16 e 17 agosto si trova a 10-15 chilometri più a nord di quella che ha provocato i terremoti del 2002 di San Giuliano di Puglia, pur avendo caratteristiche simili (sono entrambe faglie trascorrenti). Negli ultimi anni il centro Italia è stato devastato dagli eventi tellurici, eppure per la ricostruzione ci si è mossi lentamente.
Legambiente chiede all’Esecutivo di istituire una struttura nazionale di coordinamento che collabori e aiuti gli Enti Locali
A due anni dal terremoto che il 24 agosto del 2016 devastò Amatrice e il Centro Italia – spiega il report di Legambiente ‘Lo stato di avanzamento dei lavori nelle aree post sisma’ – la ricostruzione procede ancora troppo a rilento. In particolare quella delle scuole e la rimozione delle macerie restano ancora punti critici. L’associazione ricorda che a maggio 2017, a dieci mesi dal primo sisma, era stato raccolto solo il 4% di macerie. Ha pesato la mancanza di pianificazione preventiva, visto che ci sono voluti mesi per individuare e autorizzare siti temporanei idonei a conferire le macerie.
La mancanza di mappe del materiale pericoloso e di quello storico ha rallentato la rimozione. I tempi delle demolizioni e quelli della rimozione, affidati a soggetti diversi, molto spesso non sono coordinati. I camion, nelle Marche ed in particolare nel Lazio, hanno dovuto percorrere lunghi tratti di strade dell’Appennino per depositare i materiali rimossi.
Zanchini: a ricordarci quanto sia urgente un cambio di passo sono i territori di Marche, Molise, Abruzzo e Emilia Romagna che in questi mesi hanno continuato a tremare
E poi c’è il problema della gestione delle macerie private, quelle che saranno prodotte dalle demolizioni che faranno i privati, di cui manca una stima e la partita innovativa da giocare legata al recupero degli inerti.  Per questo l’associazione chiede all’Esecutivo di istituire una struttura nazionale di coordinamento che collabori e aiuti gli Enti Locali. “ A ricordarci quanto sia urgente un cambio di passo sono i territori di Marche, Molise, Abruzzo e Emilia Romagna che in questi mesi hanno continuato a tremare” ha affermato Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale di Legambiente.

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