Atreju, stasera il premio a Cronache
‘Europa contro Europa’: questo il tema scelto per la ventunesima edizione di ‘Atreju’, kermesse di Fratelli d’Italia in programma oggi, domani e domenica a Roma, nella cornice dell’Isola Tiberina. La storica manifestazione nata nel 1997 nell’alveo della destra italiana prende il nome da Atreju, il protagonista del romanzo “La Storia infinita” di Michael Ende.
I giornalisti minacciati
E’ per “rendere giustizia e merito a quei giornalisti” danneggiati dal copia incolla di Roberto Saviano “che, da anni e lontano dalla luce dei riflettori, lavorano per documentare l’attività della criminalità organizzata ma che non vengono ripagati del loro lavoro” che il direttore editoriale Ugo Clemente ritirerà il Premio Atreju 2018 dalle mani del leader nazionale di FdI Giorgia Meloni.
Gli interventi
Lo farà a nome di tutta la redazione e insieme al giornalista Simone Di Meo, il primo ad accorgersi, e a denunciare, il saccheggio dello scrittore condannato per plagio. L’appuntamento è per stasera alle 20:30 quando, alla presenza del giornalista Filippo Facci, del sacerdote anticamorra don Luigi Merola e di Francesco Di Giuseppe, vicepresidente di Gioventù Nazionale, si discuterà di “lotta alla mafia e mestiere dell’antimafia”.
Il giornalista ucciso
La mattina del 17 novembre del 1995, alle 8:30, una telefonata anonima informò i carabinieri che nella periferia di Mondragone c’era un cadavere carbonizzato incastrato sotto un’auto. Del giornalista Enzo Avino erano rimaste solo le gambe. Il resto era cenere. Il giorno successivo il Corriere di Caserta gridò il dolore della redazione con un titolo inequivocabile: “Ce l’hanno ucciso bruciandolo vivo”. Erano passati sul suo corpo con la sua stessa auto, un’Autobianchi A112, per poi dargli fuoco mentre era ancora vivo. Dall’uscita in edicola del primo numero del giornale erano trascorsi appena cinque mesi.
Cherosene per bruciare la redazione
Nella notte tra il 24 e il 25 marzo del 1999 gli scagnozzi della camorra si infilarono nel palazzo in corso Trieste, a Caserta, allora sede del “Corriere di Caserta”. Riuscirono a raggiungere il secondo piano con una tanica di cherosene. Gettarono il liquido contro il portone d’ingresso e appiccarono il fuoco. I ragazzi che abitavano al terzo piano scesero al secondo e videro il portone in fiamme. Chiamarono i vigili del fuoco che riuscirono a domare il rogo prima che si propagasse. Il portone era ormai semidistrutto ma per fortuna era stato scongiurato un incendio che avrebbe potuto estendersi a tutto il palazzo e fare decine di vittime.
Le auto bruciate
Il 22 dicembre del 2005 la cronista Debora Carrano era appena rientrata a casa, alle 21. A un certo punto il suono del citofono. Qualcuno l’avvertì: la sua Fiat 600 era in fiamme. Di nuovo i vigili del fuoco per domare l’incendio. Il 21 giugno del 2011 la cronista Tina Palomba fu svegliata di notte dai vicini. La sua auto era avvolta dalle fiamme. Che furono spente quando la vettura era ormai distrutta.
La lettera di Sandokan
In una lunga lettera dal carcere, pubblicata da un foglio locale il 20 agosto del 1998, il boss dei Casalesi Francesco Schiavone, detto “Sandokan”, diceva che il Corriere di Caserta non era un organo di informazione attendibile e che quindi chi voleva informarsi doveva evitare di comprarlo, scegliendo invece il giornale che aveva pubblicato quella lettera.
La telefonata di Iovine e Zagaria
Nel novembre del 1998 i due boss dei Casalesi e Antonio Iovine e Michele Zagaria, latitanti già da tre anni (sarebbero rimasti tali fino al 2010 il primo e al 2011 il secondo) si incontrarono per fare una telefonata congiunta a un giovanissimo giornalista del Corriere di Caserta. Carlo Pascarella aveva appena vent’anni. Gli dissero senza mezzi termini che doveva “smetterla di scrivere stronzate” sul loro conto. Nonostante la giovane età, Carlo riuscì a tenere testa ai due pericolosi criminali, arrivando addirittura a chiedere loro dove si trovassero. La telefonata è stata poi trasmessa in diversi programmi Rai (Annozero, Blu Notte e Porta a Porta).
La lettera di Augusto La Torre
Ultimo in ordine di tempo a scagliarsi a muso duro contro i nostri giornalisti è stato il boss della camorra mondragonese Augusto La Torre, quest’anno, a giugno. Il cronista Giuseppe Tallino è stato minacciato e insultato per aver seguito i processi e le indagini sul gruppo criminale che, da anni, semina il terrore a Mondragone. Una lunga lettera del boss è riuscita a superare i controlli del carcere in cui è detenuto ed è stata pubblicata da un sito Internet. Nel testo La Torre fa riferimento ai suoi rapporti con la mafia siciliana e nomina Giuseppe più volte.
La lettera anonima: “Sei morto”
Quando Giancarlo Izzo era un collaboratore del Corriere di Caserta, trovò nella cassetta delle lettere un foglio di carta con una scritta, composta da ritagli di giornale. Il messaggio non lasciava spazio a interpretazioni: “Sei un morto”. Stava ancora riflettendo sul significato di quella lettera quando a casa sua squillò il telefono: “Ti spezziamo tutte e dieci le dita delle mani, così vediamo se riesci ancora a scrivere”.
La telefonata anonima: “Vi facciamo fare la fine di Charlie Hebdo”
Il primo luglio del 2015 una voce anonima chiese di Marcello Altamura. Neanche a lui furono risparmiate parole terribili, che avrebbero tolto il sonno a chiunque: “Veniamo lì oggi pomeriggio e gli spariamo in bocca. Non lo facciamo tornare a casa. Anzi, vi ammazziamo tutti. Vi facciamo fare la fine di Charlie Hebdo”.