PALERMO – E’ sulla memoria di 9 morti che si consuma lo scontro tra il il Comune di Casteldaccia e il Consiglio di Stato. La villetta travolta dall’esondazione del fiume Milicia in contrada Cavallaro era abusiva. Tutti lo sapevano. Ma se da una parte il Comune – che pure aveva emanato un’ordinanza di demolizione nel 2008 – ritiene di non aver potuto procedere all’abbattimento per via del ricorso presentato dai proprietari al Tar, quest’ultimo nega di aver mai sospeso il provvedimento del Municipio.
Il Consiglio di Stato sulla villetta di Casteldaccia travolta dal fiume esondato: “Il Tar non ha mai bloccato l’ordinanza di demolizione, poteva e doveva essere eseguita”
L’ufficio stampa del Consiglio di Stato e della Giustizia amministrativa ha infatti precisato, attraverso una nota, che “il Tar Sicilia- Palermo non ha mai sospeso l’ordinanza di demolizione del sindaco dell’immobile sito in contrada Cavallaro a Casteldaccia travolto dall’esondazione del fiume Milicia. Né può sostenersi – viene ribadito – che la semplice presentazione di ricorso sia di per se sufficiente a bloccare l’efficacia dell’ordine di demolizione. In ogni caso, nel 2011 il giudizio al Tar si è concluso e l’ordinanza di demolizione del sindaco non è stata annullata; ne’ il Comune si è mai costituito in giudizio. Quindi, in questi anni l’ordinanza di demolizione poteva – e doveva – essere eseguita”. Insomma, la giustizia ritiene di aver fatto la sua parte. Ma, soprattutto, di non aver in qualche modo ‘ostacolato’ una procedura che avrebbe verosimilmente salvato la vita delle 9 vittime (che avevano fittato l’immobile).
Il sindaco Di Giacinto: “Mai fatto ricorso perché non abbiamo le risorse”
Il sindaco Giovanni Di Giacinto, eletto pochi mesi fa ma già primo cittadino nel 2008, aveva invece affermato che “l’ordine di demolizione del Comune era stato impugnato dai proprietari dell’immobile davanti al Tar. Da quanto ci risulta ancora il tribunale amministrativo non ha provveduto, per cui la demolizione non è stata possibile”. Quell’immobile, tra l’altro, non era sanabile perché piazzato a meno di 150 metri dal fiume, in zona di inedificabilità assoluta. “Noi non abbiamo voluto fare un ricorso al Tar – ha precisato Di Giacinto – perché farlo costava 5 mila euro e noi non ce lo potevamo permettere, non abbiamo quelle risorse, ci sono decine di ricorsi ai quali dovremmo opporci e non abbiamo risorse per poterlo fare”.