CASAL DI PRINCIPE – Con i ‘pezzi da novanta’ del clan messi fuori gioco da retate e pentimenti, le redini del gruppo Schiavone, sostiene la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, negli ultimi due anni sono finite nelle mani di un affiliato di secondo livello: Giovanni Della Corte. E per dare linfa all’organizzazione che si è ritrovato a guidare, il presunto nuovo boss avrebbe tentato di tuffarsi nel business dei carburanti. Per riuscirci, ritengono i carabinieri di Caserta, aveva deciso di farsi aiutare da Pasquale Pirolo.
Il personaggio
Chi è? Per presentarlo possiamo usare la descrizione che di lui ha fatto proprio Della Corte al figlio. Conversazione che i militari hanno ascoltato grazie al trojan installato nel suo cellulare: “Lo arrestarono in Spagna insieme a Tonino Bardellino (fondatore del clan, ndr) nel 1984… Pasquale Pirolo… gli hanno sequestrato 50 milioni di euro. […] Ha la possibilità di fare ‘un sacco di cose’, ma non si può esporre. E tuttavia può offrire il suo sostegno e per ogni operazione chiede un milione di euro”. I militari dell’Arma hanno documentato un incontro, avvenuto il 12 febbraio 2020 tra Della Corte, Pirolo (di ritorno dalla Spagna) e tale Rosario Spanò nel negozio di alimentari che all’epoca era gestito da Agnese Diana (ex moglie di Della Corte). Le conversazioni intercettate nei giorni successivi forniscono dettagli sul business che stavano organizzando: erano previsti 4-5 scarichi per complessivi 50mila litri ogni 24 ore. L’operazione sarebbe avvenuta nel porto di Napoli. Un altro incontro ritenuto importante dagli investigatori avviene il 10 marzo 2020, a casa di Giuseppe Di Tella, detto ‘Peppe Mattone’, dove è presente di nuovo Pirolo. E quest’ultimo fornisce ulteriori dettagli dell’attività, sostenendo che c’era la possibilità di accedere anche ad un deposito sulla costa adriatica.
L’indagine che ha portato all’arresto Della Corte, con l’accusa di associazione mafiosa, ha coinvolto pure Di Tella, sotto inchiesta per mafia, e Agnese Diana, indagata per concorso in estorsione. Complessivamente sono 45 le persone tirate in ballo e oltre la cosca Schiavone, l’indagine ha puntato a disarticolare pure il gruppo Bidognetti, che sarebbe stato guidato dal carcere da Gianluca Bidognetti, figlio dell’ergastolano Cicciotto ‘e mezzanotte. Non compaiono nell’elenco degli inquisiti, invece, Pirolo e Spanò. Tutte le persone citate sono da ritenere innocenti fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
Dirty Glass
Pochi mesi dopo quegli incontri a Casale, Pirolo, 73enne originario di Curti venne arrestato: era il 16 settembre 2020. All’alba scattò l’operazione ‘Dirty Glass’. Il giudice Antonella Minunni del Tribunale di Roma ordinò la sua cattura con l’accusa di corruzione: sarebbe riuscito a far ritardare, dando una mazzetta ad un funzionario dell’Agenzia delle entrate, il pignoramento di beni riguardanti un’impresa riconducibile a Luciano Iannotta (vero protagonista di Dirty Glass), ex presidente del Terracina Calcio ed ex presidente provinciale di Confartigianato Latina. A Pirolo la Dda di Roma contesta pure il reato di riciclaggio: avrebbe fatto da mediatore tra l’imprenditore Antonio Festa e Iannotta per far confluire nella Italy Glass 2 milioni di euro. Per tale vicenda Pirolo, che è stato scarcerato ad ottobre del 2020, è a processo.
L’inchiesta Dirty Glass ha tracciato in modo netto le capacità relazionali che Pirolo ha acquisito in anni e anni di esperienza muovendosi tra l’Italia e la Spagna. In una conversazione del maggio 2018, intercettata dalla polizia, il faccendiere si vantava di essere in grado di evitare procedimenti penali grazie a contatti con funzionari che omettevano la comunicazione delle notizie di reato connesse a verifiche fiscali. Sarebbe stato in grado, diceva, pure di arrivare in Cassazione. Pirolo, stando a quanto emerso dall’indagine romana, mise anche in contatto Iannotti con uomini appartenenti alle Agenzie di informazione e sicurezza.