Affare mozzarella, la regia di Michele Zagaria dietro la vendita di un grande caseificio

I Mezzero provarono a inserirsi nella trattativa, ma furono bloccati dal boss Michele Zagaria. Il racconto del pentito Ciccio ’e Brezza

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Michele Zagaria, Giovanni Garofalo e Antonio Mezzero

CASAPESENNA – Rappresenta uno dei pilastri dell’economia locale, capace di generare fatturati rilevanti: parliamo del comparto della mozzarella. Un settore che incide in modo strutturale sul tessuto produttivo della Terra di Lavoro. Proprio per questa sua redditività, nel tempo, ha attirato anche l’interesse della criminalità organizzata. Quello dell’“oro bianco” è un ambito che, per radicamento geografico e peso economico, suo malgrado si è intrecciato con la presenza della mafia casertana. Un settore che, per caratteristiche e potenzialità, ha visto ripetersi nel tempo i tentativi del clan dei Casalesi di inserirsi nei suoi affari. Come? Non solo attraverso allevamenti, aziende e terreni – spesso riconducibili a soggetti interni ai clan ma formalmente intestati a insospettabili teste di legno – ma anche allungando i tentacoli sui caseifici, vero cuore pulsante dell’intera filiera.

A dare supporto a questa tesi arrivano le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia. Informazioni raccolte qualche anno fa dall’Antimafia, inerenti alla compravendita di un importante stabilimento del settore, attenzionata e in parte gestita dal gruppo mafioso riconducibile al padrino Michele Zagaria Capastorta. A parlarne ai magisrati è stato Francesco Zagaria, detto Ciccio ’e Brezza, cugino dell’omonimo Ciccio ’a Benzina, cognato di Capastorta ed eminenza grigia del gruppo fino al 2011, anno della sua scomparsa. Originario di Casapesenna, Ciccio ’e Brezza aveva iniziato ad agire per il clan sui territori del Basso Volturno, dell’Agro caleno e dell’hinterland di Santa Maria Capua Vetere.

Il racconto del pentito – che nella cosca ha oscillato tra il ruolo di imprenditore e quello di specchiettista in omicidi – riguarda, come detto, un noto caseificio della Terra di Lavoro. I titolari, in difficoltà economiche, lo avevano messo in vendita e, secondo quanto riferito, sarebbero stati avvicinati da Giacomo Mezzero, fratello del boss Antonio. Stando alla versione di Ciccio ’e Brezza, l’obiettivo dei Mezzero era quello di mettere le mani sull’attività finita sul mercato. Proprio mentre l’azienda stava per essere ceduta, Francesco Zagaria avrebbe chiarito a Mezzero, per arginarlo, che quella operazione era “una cosa di Michele Zagaria”. Un messaggio dal significato inequivocabile: non c’era nulla da pretendere perché si trattava di affari diretti del boss. Giacomo Mezzero, però, si sarebbe recato a Casapesenna per provare a inserirsi ugualmente nella trattativa e chiedere spiegazioni, senza però ottenere risultati.

Secondo quanto raccontato dal collaboratore di giustizia, a quel punto, vista l’insistenza dei Mezzero, Michele Zagaria, tramite Giovanni Garofalo ’o Marmularo, avrebbe fatto recapitare un “regalo” da 20mila euro alla famiglia Mezzero. Ciccio ’e Brezza non ricorda se a ricevere la somma sia stato Giuseppe Mezzero, altro fratello di Antonio, o la moglie di quest’ultimo. Ma la somma, dice il pentito, arrivò a destinazione. Un episodio, quello riportato da Francesco Zagaria, emblematico dell’interferenza (presunta) diretta del mafioso in una trattativa per un caseificio di grande rilievo. Ma la struttura desiderata dai Mezzero a chi era destinata? Il sito passò a un marchio noto e affermato nella produzione e nell’esportazione della mozzarella casertana.

Secondo il racconto, la compravendita – della quale il collaboratore fa nomi e cognomi dei protagonisti – sarebbe stata gestita personalmente da Michele Zagaria. Si tratta di dichiarazioni che la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha ripreso nell’ambito dell’indagine sul gruppo di Antonio Mezzero, boss recentemente condannato, ancora una volta, in primo grado a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa. Un’inchiesta che ha ricostruito come Mezzero, una volta tornato in libertà dopo circa 25 anni trascorsi in cella, si sarebbe nuovamente immerso nelle attività criminali.

L’indagine ha coinvolto, a piede libero, anche Giuseppe Mezzero, mentre Giacomo Mezzero (tirato in ballo al pentito) risulta estraneo all’attuale attività investigativa. Tutti restano da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva.

Le dichiarazioni di Ciccio ’e Brezza non rappresentano verità assolute e necessitano di riscontri e approfondimenti. Ed è probabile che gli investigatori, coordinati dalla Procura di Napoli oggi guidata da Nicola Gratteri, abbiano già avviato o completato queste verifiche. Resta un punto fermo da tenere a mente: sarebbe errato considerare il comparto della mozzarella inquinato nella sua interezza dal clan dei Casalesi o da altre mafie. Ma, trattandosi di un business altamente redditizio, è naturale, purtroppo, che abbia attirato – e continui ad attirare – l’interesse della criminalità organizzata.

Su queste tensioni imprenditoriali è possibile che dia un suo contributo anche il neo pentito Nicola Inquieto, uno dei principali investitori (soprattutto all’estero) del denaro della cosca Zagaria. Non è da escludere, quindi, che possa essere a conoscenza dei business seguiti dal boss.

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