Afghanistan, da Ue 5 condizioni per parlare coi talebani. Presidio a Kabul

Cinque condizioni per parlare con i talebani e un presidio Ue a Kabul. Sono queste le conclusioni adottate dall'incontro informale dei ministri degli esteri europei in Slovenia.

BRUXELLES – Cinque condizioni per parlare con i talebani e un presidio Ue a Kabul. Sono queste le conclusioni adottate dall’incontro informale dei ministri degli esteri europei in Slovenia. Una riunione, in formato Gymlich, ossia con la presenza dei ministri ma senza assistenti, che doveva parlare di Cina, Sahel, Bielorussia, Libia, strategia indo-pacifica ma che è stata monopolizzata dalla questione afghana. Dai 27 è stato confermato l’impegno a supportare la popolazione ed è stato espresso il proposito di relazionarsi col nuovo regime ma a delle condizioni ben precise. Anche se i finanziamenti Ue al paese sono stati interrotti, i fondi per gli aiuti umanitari rimarranno, ha assicurato l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell. Anzi aumenteranno. E parlare con le nuove autorità di Kabul è indispensabile, se si vogliono portare avanti aiuti ed evacuazioni. La parola chiave è: “coinvolgimento operativo”, un dialogo minimo che sarà misurato con cinque criteri (benchmark) e dipenderà dal comportamento dei talebani.

Il primo metro di giudizio – ha spiegato Borrell – è che il nuovo governo si impegni “a non essere una base per esportare il terrorismo”. Poi, che rispettino i diritti umani e delle donne, lo stato di diritto e la libertà di stampa. Terzo: lo stabilizzarsi di un governo di transizione inclusivo e rappresentativo attraverso negoziazioni. Il quarto punto sarà il libero accesso per gli aiuti umanitari. E l’ultimo: “il compimento della promessa dei talebani di far partire coloro che vogliono lasciare il paese sotto la protezione degli Stati membri che sarà fatto su base individuale e volontaria”.

Proprio per facilitare le evacuazioni i ministri dei 27 hanno deciso di insediare un presidio congiunto dell’Unione europea a Kabul. Un’antenna, come l’ha definita Borrell, che “non è affatto un primo passo per il riconoscimento” ma che “è la prima cosa pratica da fare se vogliamo essere in contatto con il nuovo governo afghano, perché abbiamo bisogno di discutere importanti temi, prima di tutto su come evacuare le diverse centinaia di migliaia di persone”, ha affermato l’Alto rappresentante, spiegando che al momento non è possibile portare via le persone che hanno collaborato con i paesi Ue via aereo e che “è molto più facile parlare con qualcuno stando lì che in videoconferenza”. Anche perché gli Stati membri non apriranno a breve la propria ambasciata, né l’Ue la sua delegazione. Naturalmente la proposta andrà in porto “se le condizioni lo permetteranno”, altrimenti l’Ue fisserà una presenza a Doha, che è il punto più vicino.

Il Servizio per l’azione esterna dell’Ue, di cui Borrell è a capo, avrà un ruolo chiave anche nell’altro punto deciso dai ministri degli esteri. “Una piattaforma regionale politica con la cooperazione dei paesi vicini dell’Afghanistan, che sarà costruita sulle relazioni già esistenti tra l’Ue e questi paesi”. Lo strumento, oltre a rafforzare la cooperazione tra l’Ue e questi paesi, servirà a coordinare la gestione dei flussi di popolazione, la prevenzione della diffusione del terrorismo, la lotta contro i gruppi criminali organizzati, compressi i trafficanti di droga e di essere umani.


Di Fabio Fantozzi

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