Era da poco trascorsa la mezzanotte di giovedì, quando all’ospedale Villa Betania di ponticelli si è presentato un uomo che perdeva sangue e presentava una profonda ferita alla mano destra. Non ci è voluto molto a capire che si trattava di una lesione generata da un colpo d’arma da fuoco che gli aveva passato la mano da parte a parte fratturandogli le ossa. Medicato e dimesso con una prognosi di 30 giorni, ma non prima di aver parlato con gli agenti del commissariato di Ponticelli. Ai poliziotti ha raccontato si che si trovava in via Luigi Franciosa, davanti alla sua abitazione quando, in due, avrebbero tentato di rapinarlo. Lui – secondo il racconto – nel tentativo di disarmare il malvivente che impugnava la pistola, sarebbe stato ferito dal proiettile che gli ha bucato la mano destra. Una versione che è stata presa con le molle dai poliziotti, per due motivi. Il primo è che sul posto non sono stati trovati bossoli, né tracce ematiche. Il secondo è invece relativo al soggetto e al suo curriculum.
Si tratta infatti di Giuseppe Righetto, 36 anni, noto come Peppe ‘o Blob. E’ un volto noto alle forze dell’ordine, il 36enne. Nel 2018 fu tra i destinatari del provvedimento che colpì l’organizzazione di Ponticelli. Peppe ‘O Blob fu coinvolto nel 2009 in una maxi inchiesta che colpì soggetti dei Sarno e, successivamente, nel 2018 nell’altra retata. Righetto è il fratellastro dei Casella, che sono ritenuti i ras della zona popolare del quartiere. Nelle pagine del provvedimento veniva indicato come un soggetto inserito nell’organizzazione, anche se con posizione defilata, ma comunque avrebbe partecipato alla spartizione dei proventi. Presso la sua abitazione erano state installate delle telecamere, che – secondo i carabinieri – servivano a sorvegliare il rione. Era ritenuto un intermediario tra i vertici dell’organizzazione e i singoli spacciatori. Gli inquirenti avevano ipotizzato l’esistenza di una paranza dei ‘Casella’ finalizzata alla gestione di una piazza di spaccio nelle palazzine popolari: una sorta di derivazione del clan Sarno. Dopo la disarticolazione dei Sarno, il gruppo sarebbe diventato indipendente, tanto da entrare in rotta di collisione con i De Micco. Il Riesame cancellò per lui l’aggravante mafiosa e rimase in piedi solo il reato di associazione per delinquere semplice, finalizzata allo spaccio di droga. La ‘retata’ scattò la mattinata dell’8 ottobre 2018 tra Ponticelli e Volla. Quel giorno le forze dell’ordine portarono a termine un’operazione chirurgica dando esecuzione alla misura cautelare emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Gli inquirenti erano certi che la paranza fosse guidata dai tre fratelli Casella, Eduardo, Giuseppe e Vincenzo. Dodici le persone indagate. L’indagine fu sviluppata con attività tecniche suffragate da dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia. L’attività investigativa che portò a galla le attività del gruppo dei ‘fratelli Casella’, trasse origine da un’altra indagine, quella relativa all’omicidio di Gianluca Cardicelli in via Franciosa, la sera del 9 gennaio 2017. Proprio cercando di far luce su quel delitto, gli inquirenti riuscirono a raccogliere “gravi indizi” sugli indagati e su una complessa associazione a delinquere operativa in quel rione, i Casella appunto, emanazione del disciolto clan Sarno. Al vertice del sodalizio, per gli inquirenti, i tre fratelli che “attraverso una marcata ripartizione dei ruoli e delle funzioni, gestivano il traffico e lo smercio di stupefacenti nel quartiere controllando le ‘piazze di spaccio’ sempre sorvegliate sia con telecamere che con vedette e pusher ‘turnisti’, con il ricorso talvolta ad azioni di fuoco”. I profitti del traffico di droga confluivano in una cassa comune utilizzata per il pagamento delle cosiddette ‘mesate’ agli associati, per il sostegno economico alle famiglie degli altri affiliati arrestati. Durante le indagini furono sequestrati 2 chili di cocaina, sostanze da taglio e materiale utile alla pesatura e al confezionamento della droga.