POZZUOLI – “Mi sono sentito osservato. Mi sono girato e ho visto una persona con il casco e un giubbino scuro, con una pistola argentata in mano. Pensavo fosse uno scherzo, poi ho sentito gli spari”. E’ un ricordo che ancora oggi, a distanza di mesi, pesa sulla memoria della vittima dell’agguato di via Tiberio, un uomo con precedenti per reati di piccolo cabotaggio, un 38enne che quella mattina del 27 agosto si accingeva semplicemente a salire in auto per raggiungere il posto di lavoro. Non ha fatto in tempo a chiudere la portiera che il silenzio dell’alba è stato spezzato da due colpi secchi, esplosi a distanza ravvicinata. Il primo lo ha mancato di poco, il secondo lo ha raggiunto al braccio sinistro, ferendolo ma non uccidendolo. Ferite serie, ma non letali: i medici dell’ospedale di Pozzuoli gli hanno diagnosticato quindici giorni di prognosi. A sparare, secondo le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sarebbe stato Salvatore Pio Orsetti, 27 anni, già noto alle forze dell’ordine, insieme a un complice minorenne, arrestato anch’egli, stanato nel Basso Lazio. Nelle scorse ore per Orsetti è arrivata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere (è stato rinchiuso a Secondigliano), emessa dal gip del Tribunale di Napoli: le accuse sono pesanti – tentato omicidio, porto e detenzione illegale di arma comune da sparo -, aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il clan Longobardi-Beneduce, egemone nell’area flegrea.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Pozzuoli, Orsetti avrebbe atteso la vittima sotto casa, nascosto nel silenzio ancora assonnato di via Tiberio. In sella a una moto Yamaha, con il volto coperto dal casco, avrebbe seguito per qualche metro l’uomo appena uscito dal portone. Poi, quando la strada si è fatta deserta, ha impugnato la pistola e ha fatto fuoco. Un’azione rapida, studiata, “ad altezza d’uomo”, come sottolinea l’ordinanza. Un gesto che, per gli inquirenti, non lascia spazio all’improvvisazione: una missione punitiva premeditata, con un obiettivo preciso e un messaggio da recapitare. La vittima, ferita e in preda al panico, è riuscita a mettersi in salvo correndo lungo un viale laterale. Ha chiesto aiuto ad alcuni dipendenti comunali che stavano aprendo gli uffici poco distanti: sono stati loro a soccorrerlo e a portarlo in ospedale. Per la Dda di Napoli, l’agguato non fu un gesto isolato, ma un episodio di violenza funzionale alla riaffermazione del potere del clan Longobardi-Beneduce nel quartiere Toiano, zona storicamente contesa e strategica per gli equilibri criminali dell’area flegrea. L’azione, secondo gli inquirenti, doveva servire a “dare un segnale”, a mostrare che il gruppo era ancora presente e capace di colpire. Un atto di intimidazione contro chi, forse, aveva violato equilibri interni o si era spinto troppo oltre. Lo stesso Orsetti sarebbe coinvolto negli spari di domenica mattina contro un uomo sempre nel rione Toiano.



















