NAPOLI – Agguato al figlio del boss. Paura e sangue nell’area nord, dove tornano le pistole della camorra. Ferito dai sicari dei clan Giosuè Raia, 20 anni compiuti a luglio, incensurato. Il raid di piombo che lo ha costretto in un letto d’ospedale è ancora avvolto nel mistero. In questi casi si pare dagli elementi certi.
Nel cuore della notte tra giovedì e ieri il giovane è stato accompagnato al Pronto soccorso del Centro traumatologico ortopedico dei Colli Aminei. Presentava una ferita da colpo di arma da fuoco al costato sinistro. Immediata la segnalazione dei camici bianchi alle forze dell’ordine. Al Cto sono intervenuti i carabinieri della compagnia Stella e quelli del nucleo radiomobile di Napoli. Gli investigatori hanno ascoltato il ragazzo. Raia ha raccontato loro la sua versione. Il 20enne ha riferito che, mentre si trovava in via Monte Rosa, ha improvvisamente avvertito un bruciore al costato sinistro. Non era solo, ha aggiunto, ma era tra la folla. Di conseguenza, e in teoria, dovrebbero esserci dei testimoni.
Il giovane sarebbe poi stato soccorso e condotto in ospedale da due persone a bordo di un’automobile. La versione, comunque, non convince del tutto i carabinieri. La dinamica non è ancora chiara e lo stesso si può dire del luogo del ferimento, si apprende da fonti investigative. Non si esclude, ovviamente, che i fatti si siano verificati in via Monte Rosa, come raccontato da Giosy Raia, anche se quanto riferito dal ferito stride con i primissimi sviluppi investigativi. E già perché dopo aver raccolto la sua versione, i carabinieri hanno voluto approfondire la questione.
Giunti in via Monte Rosa, però, gli investigatori dell’Arma non hanno trovato tracce di sangue né bossoli.Cos’è successo a Giosuè Raia? Quando e dove è stato ferito? E poi, altra domanda legittima, era lui l’obiettivo dei sicari? Di certo c’è che chi ha sparato lo ha fatto per uccidere. La posizione della ferita, poco sotto il petto, non è certo compatibile con quella di chi intende ‘semplicemente’ spaventare o lanciare un messaggio, come spesso fanno camorra e dintorni.
Il fatto che Giosy Raia sia figlio di Giovanni Raia, ritenuto a capo dell’omonima famiglia criminale ‘leader’ nel traffico e nello spaccio di stupefacenti, induce gli investigatori ad allargare il campo delle ipotesi. Inoltre, mentre il 20enne veniva medicato in ospedale (nel corso delle ore successive ha pubblicato story sui social di lui in ospedale, con tanto di fascia sull’addome), al Centro traumatologico ortopedico di via Colli Aminei è arrivato anche il padre. Sempre da quanto pubblicato sul web si evince che il 20enne, prima di essere ferito, era su una motocicletta. La foto successiva lo ritrae in ospedale, con un paio di jeans e scarpe da ginnastica, e la medicazione sul fianco sinistro.
Suo padre Giovanni è ritenuto un pezzo da novanta della criminalità organizzata dell’area nord. Un tempo gli inquirenti lo indicavano come elemento di spessore nell’orbita degli Scissionisti e vicino al boss Arcangelo Abbinante, come raccontato dai collaboratori di giustizia. Ma oggi è cambiato tutto. I Raia, infatti, hanno fatto passi avanti e acquisito esperienza sul campo: la Procura li ritiene gruppo autonomo. Tanto che pochi mesi fa ci sono state forti tensioni con i Notturno, come scrivono gli investigatori. E una informativa è stata redatta nel mese di ottobre dell’anno scorso, “dopo recenti conflittualità registrate per il controllo delle attività illecite nei lotti TA e TB del quartiere di Scampia, tra il gruppo dei Raia e alcuni componenti della famiglia Notturno”. E ancora: “Nelle settimane successive gli scontri avevano determinato l’allontanamento di alcuni esponenti della famiglia Notturno dalle loro abitazioni di Scampia”. Non poco. Insomma non sono mancate le scintille.
Anche se tutti sono abili a non pestarsi i piedi. Ed ecco gli scenari: gli Amato-Pagano avanzano e conquistano nuove piazze di spaccio. Hanno preso possesso della piazza di droga allo Chalet Bakù, che prima era gestita dai Raia. E controllano anche lo spaccio ai Sette Palazzi. Negli ultimi tempi è aumentata a dismisura la vendita di stupefacenti al Bakù e ai Sette Palazzi. Se ne sono accorte le forze dell’ordine, che vedono persone davanti ai ballatoi. Al Lotto Sc resiste la vecchia gestione degli Abbinante, che hanno un’altra postazione al rione Monte Rosa. I Di Lauro si muovono poco e si appoggiano alla Vanella Grassi. La Vanella ha piazze di spaccio al Lotto G e al Lotto P, che da queste parti tutti conoscono come le Case dei Puffi. I Licciardi lavorano in proprio e oggi sono la realtà criminale più potente dell’area nord: controllano un lato del corso Secondigliano, una piccola parte di Miano, il rione Don Guanella e la Masseria Cardone, dove hanno il quartier generale.
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