MONDRAGONE – A processo il boss Giacomo Fragnoli (nella foto) con l’accusa di omicidio. La Dda di Napoli ha chiesto ed ottenuto per lui il giudizio immediato. La prima udienza dinanzi alla Corte d’assise del Tribunale di S. Maria Capua Vetere è prevista per inizio novembre. Non è da escludere però che il mafioso, assistito dai legali Angelo Raucci e Luca Pagliaro, possa decidere di essere giudicato con rito abbreviato (a consentirgli questa chance è il fatto che il delitto contestatogli si è verificato nell’agosto del 2003, molto prima della nuova riforma che non permette più all’imputato, che rischia la condanna all’ergastolo, di evitare il dibattimento).
Stando alla tesi della Dda, Fragnoli ebbe un ruolo fondamentale nell’assassinio di Giuseppe Mancone, detto Peppe ‘o Rambo. La vittima venne freddata nel Roxy Bar di Mondragone. Due individui, in sella a un ciclomotore, raggiunsero Mancone che si trovava all’interno del locale con alcuni amici. Il passeggero della due ruote scese dalla sella, si diresse all’interno del locale, si avvicinò a Peppe ‘o Rambo ed esplose verso di lui diversi colpi di pistola, ferendo anche altri soggetti presenti. Mancone fu portato alla clinica ‘Pineta Grande’ di Castelvolturno, ma le sue condizioni erano critiche e poco dopo perse la vita. Concluso il raid, il killer risalì sulla moto guidata dal complice per fuggire via. Ma nel farlo imboccarono un vicolo cieco e furono costretti a ritornare indietro e a transitare di nuovo dinanzi al bar. Durante queste manovre incrociarono alcune ragazze in bicicletta e una di loro, resa subito dopo l’assassinio, dichiarò importanti informazioni per ricostruire l’accaduto e permettere ai militari di identificare gli esecutori materiali. Chi erano? Salvatore Cefariello e Marco Durantini, diventati collaboratori di giustizia rispettivamente nel 2013 e nel 2012. Se Fragnoli, all’epoca leader della cosca mafiosa attiva sul Litorale, dispose l’assassinio, hanno ricostruito gli investigatori, è perché la vittima si era rifiutata di pagare un cospicuo rateo mensile sull’attività di spaccio di stupefacenti che gestiva.
Dopo essere riuscita a individuare gli esecutori del raid di piombo, l’indagine coordinata dalla Dda per alcuni anni si era arenata. Ma a darle una scossa arrivarono le dichiarazioni autoaccusatorie rese proprio da Giacomo Fragnoli il 13 giugno 2016, mentre si trovava nel carcere de L’Aquila. Volle essere sentito dal pubblico ministero e confessò di aver partecipato al delitto di Giuseppe Mancone, ma lo fece, ipotizza l’accusa, ritagliandosi un ruolo più marginale rispetto a quello che invece realmente ebbe.
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