CAMPOBASSO – Insieme a merluzzi, gamberi e triglie, ogni giorno le reti dei pescatori portano a galla montagne di rifiuti. “La metà del peso delle reti è costituita da spazzatura” rivela Domenico Guidotti di Federcoopesca. Bottiglie e buste di plastica, soprattutto, “che finiscono a brandelli nei pesci, contaminando la catena alimentare e biologica”, ma anche lattine di bibite, tappi, vetro. Rifiuti che però non possono essere smaltiti nel porto di Termoli (Campobasso), dove lavora una delle principali flottiglie dell’Adriatico: circa 45 motopescherecci e una trentina tra vongolare e barche di piccola pesca. “Non ci sono cassoni, né cassonetti di alcun tipo. L’unica isola ecologica è autorizzata al deposito delle vecchie reti da pesca. Se io volessi buttare la spazzatura che trovo quotidianamente in mare non saprei proprio come fare” racconta Carletto Di Candia, armatore del Cosimo Padre, una delle barche più grandi. È un paradosso, una rogna di competenze che non possono sovrapporsi, di autorizzazioni che non possono essere concesse, di rischio multe e sanzioni. “Si chiama burocrazia – sintetizza il sindaco di Termoli Francesco Roberti – ed è uno dei mali maggiori che affliggono il Paese. Noi qua a Termoli non facciamo certo eccezione, purtroppo”. Sul porto è competente la Regione Molise, che non ha la gestione del servizio di raccolta rifiuti solidi urbani che invece è prerogativa esclusiva del Comune, il quale a sua volta non può mettere nemmeno un cestino portacarte nel porto. E così i rifiuti, quella montagna di plastica che avvelena l’habitat marino e finisce nel ventre dei pesci destinati al consumo umano, finiscono per essere rigettati in mare. Finora. Perché adesso una soluzione è stata trovata.
Si chiama Sea Cleaners, ed è un progetto finanziato nell’ambito dei fondi Feap specifici per la protezione e il ripristino della biodiversità e delle attività di pesca sostenibili, avviato con la collaborazione del Crea (centro ricerche) del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Poco più di 600mila euro per assicurare nel porto adriatico il posizionamento di contenitori per la raccolta dei rifiuti marini, considerati rifiuti speciali e soggetti a un processo di smaltimento articolato, e per la loro corretta gestione fino ai centri di recupero e riciclo.
A pescare la spazzatura saranno gli equipaggi, che potranno anche svolgere battute straordinarie nel fine settimana (quando la pesca è vietata) esclusivamente per andare a recuperare la plastica, contando sul rimborso del gasolio necessario. “Siamo pronti, aspettavamo da tempo una soluzione a questo problema” racconta Fulvia Verlengia, unica armatrice donna di Termoli, impegnata in progetti scolastici sull’approccio alla filiera del pesce locale dal mare alla tavola, promotrice in estate delle prime esperienze molisane di pescaturismo. “Il mare è la nostra fonte di sostentamento, siamo i primi ad avere a cuore la salubrità dell’ambiente marino”.
L’iniziativa, presentata nel porto turistico alla presenza delle massime cariche istituzionali, della Capitaneria e delle associazioni di categoria, ha una durata di 18 mesi e vede la partecipazione di 76 imbarcazioni aderenti all’associazione Armatori Pesca del Molise, alle Società Cooperative GLS – Servizi Marittimi, Pescatori Molisani e Defmar. “Il 100 per cento della marineria ha aderito al progetto. Nessuno si è tirato fuori” dice con orgoglio Guidotti.
Sea Cleaners, che ha incrociato la strada della sinergia fra enti per bypassare l’impasse burocratico, partirà non appena la Regione Molise doterà il porto delle strutture di separazione e smaltimento rifiuti necessarie. Quindi le grandi e piccole imbarcazioni della flottiglia di Termoli potranno fare il lavoro di spazzini del mare senza temere di incappare in multe, cosa che finora è accaduto, come racconta ancora Carletto Di Candia: “Tecnicamente noi non possiamo portare nulla via dal porto, tranne il pesce”. Una volta, nel cuore della notte e di ritorno da una battuta al largo, lo ha fermato la Finanza: aveva il sedile posteriore dell’auto pieno di buste gonfie di plastica trovata in mare. “Non potendo lasciarle in porto me le sono portate a casa nel tentativo di smaltirle con la differenziata domestica. Ho rischiato una multa salatissima, per fortuna hanno capito il problema e me l’hanno risparmiata. Sarebbe stato il danno oltre la beffa”.
(LaPresse)