ROMA – Articolo-18, l’asse Pd-Fi (il cosiddetto Partito della Nazione) torna a colpire. Grandi applausi alla Camera per la bocciatura dell’emendamento che lo voleva reintrodurre. Un emendamento al decreto dignità che era stato presentato da Guglielmo Epifani (LeU) ma che ha trovato il voto contrario di governo e maggioranza giallo-verde. Pd e Fi anche in questa occasione hanno agito all’unisono: prima hanno deciso di astenersi e poi, all’esito della votazione, sono esplosi in applausi e sfottò ai ‘nemici’ a Cinque Stelle. In pratica l’accusa era quella di non tener fede alle promesse fatte in campagna elettorale.
Rivive il Patto del Nazareno: Pd e Fi fanno coppia fissa anche sull’Articolo-18
Gli applausi scroscianti e nervosi di questa mattina alla Camera sono le ultime, magre, consolazioni per partiti ormai ridotti all’ininfluenza politica. Prova ne è proprio il fatto che gli unici a proporre qualcosa di concreto sono stati quelli di LeU. I dem e i ‘compari’ di Forza Italia si sono poi limitati a gettarsi come avvoltoi sull’emendamento di Epifani, sfruttandolo per ‘denunciare pubblicamente’ la contraddizione tra il comportamento del M5S in Aula e quanto annunciato invece in campagna elettorale.
Ecco perché il M5S ha votato contro la reintroduzione dell’Articolo 18
I motivi che hanno spinto la maggioranza a votare contro l’emendamento di Epifani potrebbero essere spiegati con mille sfumature (del resto la politica è l’arte di dire tutto e il contrario di tutto). Di certo lo spirito dell’Articolo 18 è lo stesso dei princìpi elencati nel Decreto dignità in discussione in Parlamento: aumentare i diritti dei lavoratori. “Nelle commissioni parlamentari – ha spiegato Luigi Di Maio – abbiamo migliorato ancora il Decreto, potenziando la lotta al precariato, il contrasto all’azzardo e la semplificazione fiscale”.
Di Maio: “E’ solo l’inizio”
“Ci avevano sempre detto – ha aggiunto il vicepremier – che non era possibile aumentare i diritti, e che anzi bisognava tagliarli per tornare a crescere. La crescita non è arrivata, ma solo il record di contratti a termine e del precariato. Ora noi stiamo cambiando passo, tutelando il lavoro dagli abusi e le imprese dalla concorrenza sleale di chi prende i soldi pubblici e poi scappa in altri Paesi. Non finirà qui, è solo l’inizio”.