ANCONA – I finanzieri di Fabriano hanno concluso, nelle scorse settimane, una complessa attività di polizia giudiziaria, nei confronti di un sodalizio indagato per aver posto in essere una sofisticata truffa, ai danni di ben 170 risparmiatori, attraverso l’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, attuato mediante lo schema piramidale “Ponzi”.
La complessa attività d’indagine trae origine dall’approfondimento di una documentazione rinvenuta ad un soggetto fabrianese, residente in Svizzera, nel corso di un controllo sulla circolazione transfrontaliera di capitali, eseguito dalle Fiamme Gialle al confine di Ponte Chiasso. Dai successivi approfondimenti, effettuati anche con l’esecuzione di accertamenti su ben 375 rapporti bancari detenuti in Italia, Regno Unito, Austria ed Emirati Arabi, è stato appurato che la persona controllata, aveva messo in piedi una vera e propria organizzazione, avvalendosi sia di strutture imprenditoriali aventi sede in Italia e in Svizzera, sia di un’articolata rete di collaboratori sul territorio nazionale, con la finalità di raccogliere rilevanti somme di denaro presso numerosi risparmiatori, che venivano attratti con la promessa di facili guadagni, versando una somma di “ingresso”.
Lo schema utilizzato era quello delle vendite piramidali, chiamate in gergo “schema Ponzi”, dall’omonimo ideatore o più comunemente indicate come “catene di Sant’Antonio”.
Tale meccanismo consiste, nella sostanza, nel vendere una posizione all’interno di una struttura a schema piramidale, dove al vertice vi è una persona che vende ad altri soggetti la possibilità di entrare ai livelli sottostanti, promettendo grandi guadagni in cambio del pagamento di una quota d’ingresso.
Dopo aver pagato l’accesso alla struttura, a loro volta, queste persone, attirate dalla promessa di facili guadagni, ne introdurranno altre nella “piramide” e così via. In questo caso, l’ignaro investitore veniva attratto nella rete degli organizzatori della frode millantando degli investimenti in lingotti d’oro o, a seconda delle somme da investire disponibili, in piante di “Paulonia”, vegetale di pregio di origine orientale il cui legno viene utilizzato nell’edilizia e nell’industria del mobile.
Le persone interessate all’affare venivano invitate ad effettuare delle visite guidate presso un ufficio dell’organizzazione collocato in Svizzera, dove venivano ricevute singolarmente, previo appuntamento, e alle quali veniva mostrato un caveau con cassette di sicurezza che custodivano un certo quantitativo di lingotti d’oro, così da avvalorare l’affidabilità dell’organizzazione. Alla vista del metallo prezioso, il cliente veniva quindi rassicurato, e indotto di conseguenza ad incrementare ulteriormente l’investimento iniziale richiesto per entrare nel sistema, che nel caso dell’oro era di 10mila euro e multipli. L’altro settore d’investimento proposto, come detto, era quello legato alla vendita di lotti di alberi di “Paulonia”, il cui legno di valore era asseritamente destinato alla produzione di mobili per grandi catene di distribuzione.
In questo caso, l’investimento proposto era legato sia alla vendita delle piante al termine del ciclo di sviluppo delle stesse, oltre che ad un profitto annuale che veniva riconosciuto con delle fantomatiche “cedole all’investitore”, versando una quota d’ingresso, in questo caso, di 7.500 euro. In realtà, come scoperto dai finanzieri, tali piante non sarebbero mai state messe a dimora, ma fittiziamente vendute solo sulla carta. Una volta versata la quota d’ingresso, per accrescere i guadagni prospettati, l’investitore era spinto a invitare nuovi “clienti” nel sistema e per ogni persona portata all’organizzazione, riceveva una somma in percentuale, avvalorando ancor più la bontà dell’affare.
In tal modo, le persone cadute nella rete hanno coinvolto una crescente schiera di amici e parenti, allettati dai facili guadagni riferiti dalle persone a loro vicine. In realtà l’organizzazione, dopo aver riconosciuto delle commissioni a chi aveva introdotto nuovi investitori nel sistema, raggiunto un certo volume di denaro, ha distolto tali importi con l’obiettivo ultimo di truffare i malcapitati. Le indagini hanno permesso di individuare 170 persone vittime della truffa a partire dall’anno 2015 e residenti nelle province di Ancona, Fermo e Macerata.
Fra gli individui truffati vi sono casalinghe, pensionati, dipendenti pubblici, professionisti, che in alcuni casi hanno perso somme fino a 100mila euro, bruciando così tutti i propri risparmi. Gli approfondimenti effettuati dalle Fiamme Gialle hanno permesso di ricostruire, quindi, un rilevante flusso di operazioni finanziarie, per un totale di circa 6 milioni di euro, confluito in investimenti in oro e metalli preziosi, con lo scopo finale di trarre ingiusti profitti, impiegandoli per finalità personali degli organizzatori. Al termine delle indagini, l’Autorità Giudiziaria di Ancona ha emesso 10 avvisi di conclusione indagini nei confronti dell’organizzatore della frode – attualmente detenuto in Svizzera per altri reati – e dei suoi collaboratori, in ordine ai reati di truffa, appropriazione indebita, autoriciclaggio e abusiva attività finanziaria, con l’aggravante della transnazionalità.
(LaPresse)