Nei giorni scorsi sono state eseguite da parte dei Carabinieri Forestali di diversi Reparti perquisizioni personali e locali delegate dalla Procura di Urbino a carico di 6 persone residenti nelle regioni Marche, Emilia-Romagna e Friuli Venezia-Giulia, tra cui tre allevatori e commercianti di uccelli utilizzati quali richiami per l’attività venatoria. Tutti i soggetti risultano attualmente indagati a vario titolo per furto aggravato ai danni dello Stato, ricettazione, alterazione di sigilli di Stato, uccellagione e detenzione illegale ai fini commerciali di fauna selvatica.
Le indagini – che sono durate oltre dieci mesi per poter risalire ai soggetti coinvolti a vario titolo nel traffico illegale e per poter raccogliere fonti di prova a carico degli indagati – hanno consentito di portare alla luce un vasto presunto traffico di uccelli da richiamo di provenienza illegale; secondo l’ipotesi accusatoria i volatili venivano infatti catturati in natura durante il periodo della migrazione per poi essere ‘regolarizzati’ con apposizione di anelli o alterati oppure infilati forzatamente nelle zampe cagionando lesioni agli arti.
Nel corso delle operazioni sono stati posti sotto sequestro anche alcuni uccelli privi di anello identificativo che erano in attesa dell’apposizione illegale dello stesso.
La normativa europea e nazionale vieta la cattura degli uccelli in natura con reti o altri strumenti non consentiti. Gli unici richiami utilizzabili per l’esercizio dell’attività venatoria sono quelli nati in cattività in allevamenti autorizzati e che dopo la nascita vengono regolarmente contrassegnati con anello inamovibile, apposto nella zampa nei primi giorni di vita degli animali. Gli ornitologi, in grado di riconoscere l’età degli uccelli, nominati ausiliari di polizia giudiziaria dai Carabinieri Forestali, nel corso delle perquisizioni hanno potuto accertare che un gran numero di animali nati prima del 2021 risultavano identificati con anelli realizzati nel 2022, quindi inseriti nelle zampette degli animali adulti successivamente alla cattura in natura.
Il presunto traffico rendeva agli indagati molte migliaia di euro. Dalle indagini è infatti emerso che nel periodo della migrazione, in una nottata, i bracconieri potevano catturare con reti e richiami elettronici decine di uccelli che venivano poi rivenduti ai cacciatori – una volta ‘legalizzati’ con gli anelli apposti in maniera fraudolenta – a prezzi ragguardevoli; essi, a seconda della tipologia di richiamo, potevano arrivare a 180 euro per i merli, a 200 euro per i tordi bottacci, ed a un prezzo ancora più elevato per le cesene.
(LaPresse)