Aprea, ecco i nuovi boss. La seconda generazione del clan del corso Sirena

Al vertice i figli del boss Ciro fermati per tentato omicidio

Giovanni e Luigi Aprea e Fabio Falco

NAPOLI – Nelle prime ore del 21 aprile, i carabinieri del comando provinciale di Napoli aveva eseguito un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli, nei confronti di Luigi Aprea detto Gennaro, di 29 anni, Vincenzo Aprea, 25enne, Giovanni Aprea, di 24 anni (tutti figli del boss detenuto Ciro Aprea) e di Fabio Falco, 31enne, tutti di Barra indiziati dei reati di tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. Il provvedimento è stato emesso dopo un’intensa e rapida attività di indagine, svolta dal nucleo investigativo e dalla compagnia di Napoli Poggioreale, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, che ha permesso di raccogliere gravi indizi nei confronti degli indagati, di fatto i rampolli di seconda generazione degli Aprea, in relazione all’agguato nel corso della quale è stata ferita una donna completamente estranea ai fatti, la 25enne Federica Mignone. L’azione di fuoco, commessa in pieno giorno, tra la folla e a volto scoperto, è apparsa agli inquirenti finalizzata a fornire all’esterno la dimostrazione della forza militare del clan Aprea in modo da garantire il controllo del territorio attraverso la repressione immediata e plateale di ogni condotta che possa metterne in discussione il potere. Gli indagati, nel tentativo di colpire l’obiettivo che si era dato alla fuga, hanno volontariamente esploso, ad altezza uomo, numerosi colpi d’arma da fuoco alla presenza di numerose persone presenti in quel momento per strada e hanno colpito a un piede la ragazza che passeggiava con il fidanzato in via Serino.

Nel mirino c’era Salvatore Borriello ma, di fatto, quello non era il solo obiettivo del raid. Un altro soggetto, ancora in corso di identificazione, era finito nel mirino del commando ma è riuscito a defilarsi prima che via Serino si trasformasse nel Far West. Il fermo è stato convalidato dal gip che ha disposto la misura cautelare in carcere nei confronti dei 4 uomini, di fatto decapitando l’organizzazione. Gli inquirenti hanno infatti ricostruito il direttorio della cosca che vede, tra i capi, proprio il primogenito di Ciro, ovvero Luigi Aprea detto Gennaro. Le attività investigative hanno dimostrato come il clan Aprea, insediato nella storica roccaforte del corso Sirena, sia “assolutamente operativo e dotato di una consistente disponibilità di armi – come emerge anche da recenti sequestri – che ne conferma la pericolosità, rafforzata, dall’alleanza con le altre potenti famiglie di camorra, ovvero con la mala di Ponticelli. Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio sono tre quartieri legati non solo da una vicinanza geografica, ma da un romanzo criminale che dura da quarant’anni. Quel lembo di terra che va da corso Sirena a Via Mastellone è la roccaforte di uno dei cartelli storicamente più forti della zona. Si tratta del gruppo Cuccaro-Andolfi-Aprea, presente sullo scacchiere malavitoso fin dagli anni Novanta. Ancora presente malgrado sia stata smantellata negli anni, decimata e decapitata dei suoi elementi di vertice. In principio furono i Cuccaro. Cinque fratelli, i vertici del clan: Raffaele, Michele, Angelo, Salvatore e Luigi. Tutti finiti in manette, tranne Salvatore, ucciso da nel ’96. Alla guida del commando c’era il ras Bernardo Formicola. I loro eredi, ‘i cuccarielli’ erano la seconda e terza generazione del clan. Usavano tatuarsi il volto del defunto Salvatore Cuccaro sul petto o sulla schiena in segno di rispetto, per ricordare l’affronto subito. Cuccaro-Andolfi, non solo Cuccaro. Un sodalizio celebrato durante la festa dei Gigli nel settembre 2011 dallo speaker che cantò la storia di “due amici” che dal nulla erano diventati capiclan. Un chiaro riferimento, secondo la procura antimafia, ai ras Angelo Cuccaro detto Angioletto e Andrea Andolfi ’o Minorenne. Cuccaro e Andolfi, ma soprattutto Aprea. Giovanni, Vincenzo e Ciro, oggi detenuti, così come le tre sorelle Lena, Patrizia e Giuseppina, finite nei guai insieme ad altre 16 persone nel 2010.

La granitica alleanza con gli Aprea ha consentito al cartello criminale di tessere una rete di affari imponente, dallo spaccio di droga, al racket, passando per l’usura. I buoni rapporti con l’Alleanza di Secondigliano ne hanno accresciuto la forza sul territorio, un asse di ferro nato soprattutto in chiave anti Mazzarella e Sarno. I reggenti dei Cuccaro-Aprea sono sempre stati individuati negli affiliati appartenenti al nucleo familiare che, di volta in volta, erano liberi sul territorio e in grado di ricevere direttive dai capi detenuti. Adesso è l’ora della seconda generazione.

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