ArcelorMittal sotto inchiesta, indagano le Procure di Taranto e Milano su ex Ilva. Il reato ipotizzato è quello di distruzione di mezzi di produzione e fatti e comportamenti lesivi dell’economia nazionale.
Il tavolo
E’ previsto per domattina alle 11 il consiglio di fabbrica dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal di Taranto, organizzato dalle rappresentanze sindacali unitarie dei metalmeccanici a cui prenderanno parte anche i delegati sindacali delle imprese dell’indotto. All’ordine del giorno eventuali iniziative di mobilitazione dopo la conferma di ArcelorMittal di lasciare l’impianto di Taranto e l’avvenuta comunicazione del cronopogramma che prevede la chiusura degli altiforni, delle cokerie e dell’agglomerazione entro il 15 gennaio 2020.Sarà l’occasione per fare il punto di una situazione divenuta oramai drammatica e avviare eventuali iniziative di mobilitazione.
Il comunicato ArcelorMittal
La società ha fatto sapere tramite comunicato al Governo che andrà via il 4 dicembre “in concomitanza con la scadenza della procedura di retrocessione dei rami d’azienda e la restituzione degli impianti e dei lavoratori all’amministrazione straordinaria”.
Vertice in procura
Si terrà sempre domattina anche un vertice in Procura a Milano per la causa civile intentata contro ArcelorMittal. La società franco-indiana chiede il recesso del contratto di affitto dello stabilimento con base a Taranto mentre i sindacati il ricorso cautelare d’urgenza presentato per bloccare la chiusura dell’impianto. Martedì, il procuratore aggiunto e responsabile del dipartimento che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione e di diritto penale dell’economia, Maurizio Romanelli, avrà un faccia a faccia con i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici per “decidere in via definitiva i contenuti e la modalità della loro costituzione nel procedimento civile e per valutare le prime mosse da compiere nell’inchiesta penale, tenendo conto che il ricorso d’urgenza presentato ieri, sotto alcuni aspetti, indica una serie di elementi significativi su cui indagare”.
La lotta intestina
In una situazione già di per se complessa, ci si mette anche il Governo che, invece di lavorare per una conclusione favorevole affinché l’impianto non chiuda e 20mila famiglie non restino senza occupazione, intenta un braccio di ferro: Pd e M5S non sembrano trovare un accordo sulla questione ‘scudo legale’. Il Pd, per bocca di Andrea Marcucci, invoca un decreto che ripristini lo scudo penale, mentre dall’altra parte della barricata, Luigi Di Maio frena e aggiunge: “Lo scudo è solo un pretesto”. Ecco perché tutte le attenzioni mirano Palazzo Chigi dove Conte dovrà fare da mediatore nella trattativa in un potenziale incontro assieme al ministro Stefano Patuanelli con i referenti della Mittal, probabilmente da definirsi ad inizio settimana.
La voce dei sindacati
Annamaria Furlan della Cisl e Vincenzo Boccia per Confindustria dichiarano che “servono soluzioni, non prove muscolari”, mentre Francesco Brigati della Fiom afferma: “Resisteremo alla chiusura degli impianti” e aggiunge che sarà uno “sciopero al contrario per tenere accesi gli altoforni”. Maurizio Landini della Cgil dichiara: “Sarebbe barbarie se l’azienda vincesse”.