MARANO – Area Pip di Marano, chieste sei condanne. E’ quanto ha invocato la Dda di Napoli (pm Maria Di Mauro e Giuseppe Visone) nei confronti di altrettante persone accusate a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, minacce, falso ed intestazione fittizia di beni (tutti reati contestati con l’aggravante mafiosa, nello specifico il clan Polverino) oltre ad alcune violazioni alle normative in materia edilizia. Per Aniello e Raffaele Cesaro, gli imprenditori di Sant’Antimo fratelli del senatore di Forza Italia Luigi, la Procura ha invocato rispettivamente 12 anni di reclusione per il primo e 8 anni e 6 mesi per l’altro, per il costruttore Antonio Di Guida 8 anni, per l’ingegnere Oliviero Giannella 12 anni, per Salvatore Polverino, alias toratto, 4 anni e 8 mesi e per Antonio Visconti 3 anni e 4 mesi.
Oltre alla requisitoria dei pubblici ministeri ieri sono cominciate anche le discussioni del collegio difensivo, composto dagli avvocati Michele Sanseverino, Paolo Trofino, Vincenzo Maiello, Raffaele Esposito, Davide Marra, Antonio Rocco Briganti, Lelio Della Pietra e Fabrizio Savella. Arringhe che proseguiranno domani e a luglio, con la sentenza attesa dopo l’estate. Il processo è in corso davanti alla Seconda Sezione – Collegio C – del tribunale di Napoli Nord, presidente Francesco Chiaromonte. Tale vicenda è incentrata soprattutto sull’area Pip di Marano: secondo l’accusa le società dei fratelli Cesaro avrebbero realizzato questo appalto in concessione impiegando, tra l’altro, i soldi provenienti dai traffici illeciti del clan Polverino.
I fatti contestati vanno dal 200 fino al 2014, quando sarebbe stato redatto il falso collaudo definitivo dell’area. Per l’aggiudicazione dell’appalto, inoltre, sarebbero state effettuate pressioni sui funzionari pubblici del Comune di Marano per ottenere sia la variante al Piano Regolatore che la nomina, per esempio, di alcuni tecnici di fiducia. Per questi fatti, tuttavia, è in corso un altro procedimento parallelo. Il costruttore, invece, è accusato di aver realizzato diversi complessi immobiliari con l’occulta partecipazione di elementi apicali della criminalità organizzata tra Villaricca, Marano, Giugliano, San Giovanni a Teduccio ed i Colli Aminei. Ad Antonio Visconti viene contestato di essersi attribuito in maniera fittizia un’attività commerciale – un panificio industriale, ritenuto nella disponibilità di Salvatore Polverino – che avrebbe acquistato un capannone dell’area Pip da una società dei Cesaro.