Assalto armato in casa Licenza

Un commando ha sequestrato la famiglia dell’imprenditore per svaligiare il suo appartamento. Raid anche nell’abitazione del figlio sposato con la nipote del capoclan Michele Zagaria. Portati via soldi e gioielli

CASAPESENNA – Una tranquilla notte di primavera trasformata in un incubo. Luciano Licenza, noto imprenditore locale, e i suoi familiari stavano dormendo serenamente quando un commando ha fatto irruzione nei loro appartamenti di corso Europa. Ad agire, stando alle prime ricostruzioni dell’accaduto, sono stati almeno in sette. Con il volto coperto e con semiautomatiche in pugno sono entrati prima nella casa dove vive il businessman casapesennese (condannato in primo grado a 6 anni per il presunto legame al clan Zagaria) e poi in quella del figlio, marito di Francesca Zagaria nipote del boss Michele Capastorta (è la figlia di Elvira Zagaria e di Francesco ‘a benzina).

Attimi di paura per gli inquilini della palazzina presa d’assalto nella notte tra venerdì e sabato. I rapinatori barbaramente hanno rinchiuso tutti nelle stanze (c’erano anche bambini), legandoli, per evitare che potessero chiedere aiuto, mentre loro, con relativa calma, si dedicavano alla ricerca di gioielli e denaro. Ma hanno racimolato, a quanto pare, un bottino scarno. Poche migliaia di euro trovate in cassaforte e alcuni pezzi d’oro. Raccolto tutto ciò che c’era di valore, si sono dati alla fuga.

Sulle loro tracce ci sono gli investigatori della Squadra mobile di Caserta supportati dagli agenti del posto fisso di Casapesenna. E’ possibile che la banda che avrebbe agito sia la stessa che ha colpito anche in altre abitazioni dell’Agro aversano. Stando alla testimonianza delle vittime a comporre il commando sarebbero stati cittadini stranieri, verosimilmente dell’Est Europa.
Fondamentali, per capire come hanno operato e per cercare di cogliere elementi necessari all’identificazione, saranno le telecamere di videosorveglianze installate nella zona.

Le investigazioni cercheranno di definire anche se il gruppo ha avuto o meno un basista, una persona esperta del territorio in grado di dare indicazione sul colpo. Non è da escludere che a spingere i malviventi verso casa Licenza sia stata semplicemente la sua posizione sulla parte terminale del corso, distante dal centro. Ad ogni modo, che in quella palazzina abitasse la nipote di un capoclan non ha frenato i banditi dal razziarla. E se dovesse essere confermato che si è trattato di una rapina tesa solo a cercare quattrini e gioielli, senza altri fini, ci sono due possibilità: o il gruppo di rapinatori era ignaro che stessero saccheggiando un’abitazione dove vive una familiare di un boss del clan dei Casalesi (che, per la Dda di Napoli, seppur in cella al 41 bis dal 2011, con la cosca che dirige, continua ad incidere sulle dinamiche delinquenziali del territorio), oppure, pur consapevole di chi fossero le vittime designate hanno deciso di effettuare il raid non avendo timore non solo dello Stato, ma neppure dell’anti-Stato.

Investigatori ed inquirenti con dedizione e sacrificio faranno di tutto per identificare e ammanettare gli autori della rapina. Ma la storia locale, anche quella giudiziaria, ci ha insegnato che spesso se a subire azioni così violente sono persone legate (anche loro malgrado) a figure di spicco della mafia, la stessa organizzazione ha reagito con rabbia attivandosi parallelamente alle forze dell’ordine per capire chi si fosse permesso di fare quello sgarbo. Ma, probabilmente, l’episodio verificatosi in casa Licenza dimostra che i tempi sono davvero cambiati. Ripetiamo: se si è trattato di una rapina pura, il clan, rispetto al quale la nipote di Michele Zagaria è assolutamente estranea, non ha più quella capacità di controllo del territorio (né di incutere timore) avuta in passato e che rendeva inimmaginabile che il parente stretto di un padrino potesse subire azioni del genere.

Svelò il sistema Capastorta sugli appalti regionali

L’arresto nel 2015, poi la scarcerazione e la condanna nel 2016. Sono gli effetti che l’inchiesta Medea, tesa a colpire gli imprenditori legati al clan di Michele Zagaria Capastorta, ha avuto su Luciano Licenza: l’imprenditore, che nel week-end appena trascorso ha subito la violenta rapina in casa, attende di essere giudicato dalla Corte d’appello ormai da 6 anni. Qualche giorno dopo che venne ammanettato dai militari dell’Arma, Licenza (era il 29 luglio 2015) chiese di essere interrogato dai magistrati della Procura distrettuale antimafia. E ai pm Maurizio Giordano e Alessandro D’Alessio raccontò il presunto meccanismo di come il clan Zagaria, attraverso la figura di Francesco Zagaria, alias Ciccio a benzina (cognato del capoclan Michele scomparso nel 2011), era in grado di assegnare a ditte ‘amiche’ appalti relativi al settore acquedottistico gestito dalla Regione Campania.

I tentacoli del clan, stando al racconto di Licenza, sono stati in grado di distendersi anche su altri ambiti. “Francesco Zagaria, per mia conoscenza diretta – raccontò l’uomo d’affari -, riusciva a far assegnare lavori alle stesse ditte anche in altri enti. Vi posso citare, ad esempio lo Iacp di Caserta, in cui Francesco riuscì a veicolare molte gare”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome