ROMA – Oltre tre ore di riunione e tutta la squadra di Governo riunita attorno al tavolo. Questa volta sull’Autonomia si fa sul serio, ma da palazzo Chigi arriva una nuova fumata nera. Non tutti i nodi sono sciolti e servirà un nuovo confronto, già convocato per il pomeriggio di lunedì prossimo. È Barbara Lezzi, lasciando la sede del Governo poco prima di Mezzanotte a fare la sintesi: “È andata bene ci sono stati dei passi in avanti – dice la ministra per il Mezzogiorno – Stiamo costruendo una proposta che rispetti tutti i dettami costituzionali. Abbiamo trovato la quadra su alcuni aspetti, su altri no”, ammette. La parte su cui si sarebbe trovata la quadra, viene spiegato da fonti di Governo, sarebbe quella finanziaria, mentre sarebbe ancora da definire il nodo che riguarda le competenze.
Il registro delle presenze dice che la musica è cambiata, che – almeno nelle intenzioni – la volontà politica di sciogliere i nodi che da mesi bloccano il provvedimento c’è. Riuniti nella sala Verde, quella tradizionalmente riservata alla contrattazione, oltre al presidente del Consiglio e ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ci sono infatti praticamente tutti i ministri e i sottosegretari Castelli, Buffagni e Garavaglia. Il confronto inizia serrato. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria interviene per primo, sviscerando con i colleghi il ‘capitolo ‘risorse’ e analizzando nel dettaglio la possibile perequazione dei fondi, garantendo equità. Dopo di lui Stefani e Garavaglia difendono la causa autonomista. Lezzi illustra le riserve dei pentastellati, l’importanza di non creare squilibri tra il Nord e il Sud del Paese. Anche Castelli mette in guardia i colleghi.
La trattativa, insomma, è avviata. Il muro contro muro superato.
Almeno per quel che riguarda le risorse. Prima del vertice era stato lo stesso Salvini ad aprire ai colleghi di Governo su un tema caro ai pentastellati: nessun testo blindato. “Il Consiglio dei ministri dovrà approvare un’intesa che poi dovrà essere sottoposta alle Regioni, e poi il Parlamento potrà discutere, ci sono le commissioni che possono suggerire, modificare – assicura – L’importante è che dal Consiglio dei ministri esca un testo”. Nonostante le buone intenzioni, però, fonti cinque stelle fino a tarda sera ripetono il solito refrain: “Ancora non ci siamo”. Oltre ai nodi di merito c’è poi la tempistica, che – viene spiegato – ha in questo caso una forte rilevanza politica.
La data chiave rimane quella del 20 luglio, ultimo giorno ‘utile’ per sciogliere le Camere e andare a votare a settembre. Il Carroccio prova ad accelerare. Di contro, se il M5S riuscisse a superarla senza un ok definitivo al testo, poi – scongiurare le urne – potrebbe far valere con più facilità i suoi numeri in Parlamento.
Non solo Autonomia, però. Salvini ha accentuato il pressing su Conte anche per quel che riguarda la scelta del nuovo ministro per gli Affari europei. In pole position ci sarebbe l’attuale ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. “E’ lui che in questi giorni ha condotto per noi le trattative a Bruxelles – spiegano fonti leghiste – sarebbe il suo ruolo naturale”. Secondo altre fonti, però, potrebbe anche il nome di Alberto Bagnai, da tempo sul tavolo, alla fine quello giusto. Nel caso in cui, poi, fosse davvero la casella del commissario alla Concorrenza quella destinata all’Italia anche Giancarlo Giorgetti, pur affatto convinto, traslocherebbe ai piani alti dei palazzi Ue.
A quel punto un rimpasto di Governo sarebbe ‘naturale’. Rimpiazzare gli incarichi leghisti potrebbe aprire anche, secondo il Carroccio, ad un ‘tagliando’ delle poltrone pentastellate. Se Giorgetti dovesse partire, infatti, un altro uomo di fiducia del ‘capitano’ dovrebbe prendere il suo posto a Palazzo Chigi. In questo caso il nome più quotato è quello di Giulia Bongiorno. Salvini continua a ripetere “di avere le idee chiare” sia sui nomi sia sulle cose da fare. Gli attacchi, anche personali, da parte dei colleghi pentastellati in questi mesi sono stati “pesanti” e – viene assicurato – qualcosa “si è rotto e questo non può essere dimenticato. Se le cose si fanno andiamo avanti. Ma non siamo più amici, al massimo colleghi”. E, se si dovesse andare al voto, acerrimi nemici.
Nadia Pietrafitta (LaPresse)