ROMA– Mai col M5s e con Fratelli d’Italia. È il punto fermo con cui Carlo Calenda apre il primo congresso di Azione. Il leader, che domani sarà eletto segretario del partito, lo dice senza mezzi termini mandando un messaggio chiaro anche ad Enrico Letta che, dal palco del Palazzo dei Congressi di Roma, si dice certo che “insieme” si vinceranno le prossime elezioni politiche. “Tutto è possibile – risponde Calenda – a condizione che non ci siano i 5Stelle”. Insomma, stando così le cose, niente campo largo ipotizzato dal dem. L’orizzonte di Calenda resta piuttosto quello di “un terzo movimento, un fronte repubblicano di cui Azione è il perno”. “Vogliamo dare una terza scelta ai cittadini, tra populisti e sovranisti – aggiunge l’ex ministro –. I nostri interlocutori sono quelli che si riconoscono nella necessità di essere in Europa e nella grande tradizione liberale e democratica. Vogliamo discutere con gli altri leader per risolvere una crisi in Italia che è una crisi di responsabilità che non si può più risolvere chiamando sempre Draghi”. Eppure, sottolinea, “se dopo le elezioni ci sarà la stessa maggioranza di oggi voglio vedere chi potrà dire: non governa Draghi, governi Michetti. Draghi non vuole fare politica, ma vuole governare”.
Sul palco allestito all’interno del Palazzo dell’Eur si alternano diversi leader, da Enrico Letta (Pd) a Roberto Speranza (Leu) passando per Antonio Tajani (FI), Giovanni Toti (Cambiamo) ed Ettore Rosato (Iv). In apertura parla il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, mentre in collegamento interviene il titolare del Mise, Giancarlo Giorgetti, che con franchezza ammette di non poter “promettere come Letta che saremo insieme e vinceremo le elezioni, ma sicuramente per cambiare in meglio questo Paese ci saranno grandi spazi di collaborazione”. Anche in questo caso, però, Calenda mette dei paletti: “Con la Lega si può dialogare solo se è quella di Giorgetti, con quella di Salvini assolutamente no. Non è serio dire una cosa la mattina e il contrario la sera. Non si sta al governo in questo modo”.
L’obiettivo di Azione in vista delle politiche è presentarsi da subito con una posizione chiara. “L’unico antidoto vero al distacco dalla politica è il lavoro duro e la fatica. E noi cerchiamo la strada dura. Non possiamo aspirare ad essere il centrismo – dichiara Calenda –. Siamo per il dialogo, ma questo non vuol dire accettare qualunque controparte. Noi non dialoghiamo e non accettiamo il confronto con il Movimento 5 stelle e Fratelli d’Italia. È una scelta netta e definita perché il dialogo si fa a partire dai valori comuni”. Perciò, “qualunque sistema elettorale ci sia, noi non saremo mai alleati con populisti e sovranisti”. E proprio a proposito della legge elettorale confessa: “A me piacerebbe un proporzionale con lo sbarramento al 5% perché romperebbe il bipolarismo, che è diventato bipopulismo, perché governano solo i due estremi, ma temo che non si farà nessuna riforma”.
A guardare con interesse nel campo di Azione c’è però il Pd, con Letta certo del fatto che “ci troveremo insieme, accanto, alle prossime elezioni. Avremo uno sguardo comune sul futuro, a partire dall’Europa. E sono sicuro che faremo grandi cose. Insieme vinceremo le elezioni del 2023. E dopo, insieme, daremo un governo riformista, democratico ed europeista al nostro paese. Sono qui per confermare questa voglia di fare strada insieme per il bene dell’Italia”. In attesa di capire se davvero l’alleanza si concretizzerà nei prossimi mesi, Calenda annuncia che da domani girerà tutta l’Italia per iniziare una campagna elettorale sul modello ‘Roma’, basata su numeri, contenuti, e presenza sul territorio. “Oggi Azione è un partito radicato con 1100 amministratori e 100 sindaci – ricorda –. Ci collochiamo come un partito terzo rispetto alle alleanze di centrodestra e centrosinistra perché sono alleanze che si sfasceranno dopo le elezioni come è già successo”. “In due anni siamo diventati il sesto partito italiano nei sondaggi – conclude Calenda –. Noi pensiamo si sia interrotto il percorso che portava un amministratore al Parlamento. Azione riparte da questo”. E dal netto no al Movimento di Giuseppe Conte e al partito di Giorgia Meloni.
LaPresse