CASAL DI PRINCIPE – Era l’ennesimo processo innescato dall’attività investigativa sul business dei rifiuti in provincia di Caserta, quando a dominarlo c’erano il consorzio Ce4 e la Eco4, la ditta dei fratelli Sergio e Michele Orsi. E ieri, a circa venti anni di distanza dai fatti contestati, si è concluso (il primo grado). I legami tra il mondo mafioso e il settore della raccolta rifiuti, stavolta, però, non sono i protagonisti: sono già stati abbondantemente affrontati in altri processi (già chiusi). Il tema del dibattimento è stata la bancarotta della Eco4. La Procura aveva chiesto, per chi avrebbe avuto un ruolo in questo crac finanziario, la condanna. Voleva che venissero dichiarate colpevoli quattordici imputati. Ma il Tribunale non ha accolto quanto invocato dall’accusa, disponendo per tre la prescrizione: Sergio Orsi, uomo d’affari già condannato per concorso esterno al clan dei Casalesi e ritenuto il patron di Eco4, Giovanni Trapani, 60enne di Caserta, e Michele Ragucci, 71enne di Pozzuoli.
Assoluzioni, invece, per Antonio Bonaccio, 65enne di Pastorano; Salvatore Di Francesco, 55enne di Carinola; Pasquale Cammuso, 60enne di Curti; Francesco D’Alonzo, 62enne di Pignataro Maggiore; Crescenzo Di Lorenzo, 70enne di Mondragone; Mattia Di Lorenzo, 51enne di Carinola; Enzo Gambardella, 69enne di Curti; Antonio Merola, 68enne, ex sindaco di Sparanise; Michele Pacifico, 58enne di Mondragone; Antonio Russo, 71enne di Carinola; e Massimo Picariello, 61enne di Cancello ed Arnone.
Nel collegio difensivo gli avvocati Mario Griffo, Carlo De Stavola, Luigi Iannettone, Flavio Pompeo, Fabrizio Rondino, Paolo Caterino, Mario Sciarretta, Giuseppe Garofalo, Nadia De Marco, Salvatore Di Stasio, Vincenzo Cortellessa e Gabriele Foreste. La Procura aveva chiesto l’assoluzione per Antimo D’Errico, 64enne, e Giuseppe Di Bernardo, 78enne, entrambi di Capua; Giuliano Palmieri, 61enne di Francolise; e Arturo Russo, 65enne di Santa Maria La Fossa, assistiti dai legali Cortellessa, Alfonso Quarto, De Stavola e Dario Mancino. Richiesta che ha trovato d’accordo il tribunale.
Ad Orsi, Trapani e Ragucci veniva imputata dalla Dda la responsabilità della bancarotta, con l’aggravante di aver agevolato il clan dei Casalesi, in veste di amministratori delegati di Eco4. I giudici, ritenendo da escludere l’aggravante mafiosa, hanno dichiarato prescritto il reato.
Orsi e Ragucci, ha ricostruito l’Antimafia, stipulando con la ditta Flora Ambiente nel periodo novembre 2000-ottobre 2003 contratti di noleggio a freddo, aventi per oggetto automezzi e attrezzatura caratterizzata da una sproporzione tra il valore dei beni e gli importi a cui gli stessi furono onerati, avevano generato dal 2001 al 2004 debiti per 4 milioni e 490mila euro, derivanti da fatture ricevute, oltre a un milione e 439mila euro derivanti dalla scrittura di riconciliazione del debito del 17 maggio 2005, per un totale di 5 milioni e 929mila euro, pagati per complessivi 2 milioni e 568mila euro, con un residuo debito finale pari a 3 milioni e 360mila euro.
Non solo Flora Ambiente. Sono stati ritenuti ‘dannosi’ dalla Dda anche i noli a freddo stipulati da Orsi, Ragucci e Trapani nel periodo febbraio 2001-luglio 2003: stipularono sempre contratti di nolo a freddo che avevano generato un debito di 405mila euro. Nel mirino degli inquirenti anche i rapporti di fornitura intrattenuti da Orsi con la Oleadinamica Isa tra il 2001 e il 2005.
Valente, Di Lorenzo, ancora Ragucci, Russo, Gambardella, D’Alonzo e Zitiello si sono trovati a processo per il loro ruolo di componenti del consiglio di amministrazione; Orsi, come amministratore di fatto; Picariello, Pacifico e Di Lorenzo quali componenti del collegio sindacale della Eco4. Secondo la tesi iniziale della Procura, avrebbero contribuito ad aggravare il dissesto della società omettendo, nell’esercizio 2004, di svalutare crediti per 3 milioni e 682mila euro nei confronti del Comune e del Consorzio Ce4. Merola, Valente, Di Francesco, Bonaccio, Camuso, Di Bernardo, D’Errico, Arturo Russo, Giuliano Palmieri e ancora D’Alonzo, sono stati portati a giudizio perché, in base a quanto riteneva la Procura, in veste di componenti del Cda di Eco4, avrebbero omesso di svalutare, nell’esercizio 2005, ulteriori crediti nei confronti del Comune di Castel Volturno per 6 milioni e mezzo di euro e quindi evidenziando nel bilancio un patrimonio netto fittiziamente positivo di 2 milioni e 764mila euro. Queste tesi non hanno convinto i giudici che, come detto, hanno chiuso il primo grado senza disporre condanne.
© RIPRODUZIONE RISERVATA